La relazione introduttiva al convegno “Tu sì, tu no” - Prima parte
Inizio questa mia relazione ricordando che attualmente sono in corso 52 conflitti nel mondo: è utile ricordare questo perché i media nazionali, in questi ultimi tre mesi, ci raccontano della sola guerra in Ucraina (sarà per la vicinanza, per la posizione nel cuore dell’Europa). Questo riduce moltissimo la percezione della realtà, in quanto si ignorano e si omettono situazioni altrettanto drammatiche come quella ucraina. Il ruolo della stampa e dell’informazione, nella percezione della realtà, appare in tutta la sua importanza e, se dovessimo dare un giudizio sul modo di interpretare il ruolo da parte della tv e della stampa nazionale o sulla completezza delle informazioni, la qualità, la trasparenza, questo giudizio non potrebbe che essere negativo. Non a caso l’informazione italiana è scivolata dal 41mo al 58mo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, il che segna un arretramento grave, in quanto la democrazia si misura anche con questo tipo di libertà.
La seconda considerazione preliminare riguarda gli spostamenti dei grandi flussi migratori nel decennio 2010-2020 (a cui va aggiunto quello ucraino): sono 5 milioni i profughi nel mondo, e tutte le aree del globo ne sono coinvolte.
I motivi più importanti che producono questi flussi, oltre alle guerre, sono le condizioni climatiche, la mancanza di lavoro, la povertà in generale e le carestie.
Ma il dato che più mi ha colpito riguarda tutti i muri e le barriere che i vari Stati hanno costruito, finalizzati a frenare gli ingressi dei flussi migratori.
E’ incredibile quanti sono i muri eretti, anche in Europa. Molti vengono costruiti proprio da coloro che causano o alimentano gli spostamenti dei popoli: politiche bellicistiche, economiche-finanziarie aggressive e di “depredazione” delle materie prime, da paesi già di per sé instabili dal punto di vista socio-politico. Queste risorse vengono prelevate senza prevedere una redistribuzione delle ricchezze acquisite, né progetti di sviluppo con quelle regioni, con le popolazioni del luogo costrette alla povertà e, a quel punto, a emigrare.
Tornando al tema degli spostamenti, è noto a tutti che l’Europa è una meta di arrivo di grandi flussi, e l’Italia è tra i paesi di approdo più ricettivo, anche per la particolare posizione geografica. Specialmente dall’emisfero sud del mondo.
Fatta salva una certa parte politica, l’Italia rimane comunque un paese che si adopera molto per l’accoglienza e la solidarietà, anche grazie al ruolo che svolgono i corpi sociali intermedi, le associazioni ramificate su tutto il territorio nazionale, a cui va riconosciuta una importanza strategica per attutire i forti impatti che ne conseguono.
Quando però passiamo dalla fase dell’accoglienza a quella successiva, cioè a quella della gestione e dell’integrazione, il comportamento della politica interna evidenzia forti incoerenze tra proclami che si fanno e realtà dei fatti.
Anche oggi, con l’arrivo profughi ucraini, l’approccio delle varie istituzioni deputate alle pratiche di accoglimento - nonché di indirizzo di integrazione, per gli alloggi, per il mondo del lavoro - è oggetto delle nostre riflessioni. Da una parte, e forse per la prima volta, si è mostrata un’altissima attenzione nella gestione (quello che chiediamo da sempre), cosa che va accolta con molta positività da tutti noi.
Dall’altra però produce una disattenzione, se non trascuratezza, verso i profughi e immigrati di altri paesi di provenienza. Ed è qui che scatta quel “tu sì tu no” riportato sulla locandina dell’iniziativa di oggi.
Ovviamente non è solo un fenomeno italiano, ma riguarda molti altri paesi, a cominciare dalla Polonia che, da quello che siamo riusciti a comprendere, sembra adottare criteri selettivi tra profughi di nazionalità diversa. Anche il premier Boris Johnson ha affermato che la Gran Bretagna è “un Paese molto generoso” ma che vuole mantenere il controllo sugli arrivi accogliendo soltanto una parte i profughi ucraini.
La vicina Francia, nel recente passato, è stata oggetto di forti critiche per i comportamenti adottati (perfino riportare in terra italiana i migranti che avevano superato il confine).
Questo per dirci che oggi abbiamo una Europa non coordinata, che lancia messaggi di generosità ma si mostra selettiva e incoerente.