Cambiano le stagioni, i giovani crescono e gli anziani invecchiano, ma il ponte sullo stretto di Messina resta icona immutabile di ogni governo di destra che si rispetti. Appena insediato, l’esecutivo guidato dalla sorella d’Italia Giorgia Meloni ha subito inserito nella manovra di bilancio la realizzazione della grande opera: “E’ prioritaria”.
Ancora una volta aveva ragione Paolo Villaggio, a cui dovrebbero essere dedicate statue nelle piazze centrali delle città, quando si faceva beffe dei malcostumi italiani nei suoi libri e nei suoi film. Un’Italia da operetta che si inchina invariabilmente al partito del cemento, salvo stracciarsi le vesti non appena il cemento chiede il conto, con lutti e devastazioni. A ben guardare, il ponte sullo stretto è l’unico peccato non ascrivibile al Pd, che sul resto invece continua a contorcersi in interminabili discussioni sulla fisionomia del partito.
Essere o non essere, di sinistra, di centro, di centrosinistra, questo è il dilemma. Un’estenuante quadriglia che nessun congresso riuscirà a fermare. Forse perché alla base piace vedere in tivù Ballando sotto le stelle il sabato sera, o forse perché tocca dare ragione al leader Massimo (D’Alema) e al suo sferzante giudizio sul partito fondato da Walter Veltroni: “Un amalgama mal riuscito”.
Nel mentre il paese reale soffre, stringe la cinghia, protesta (nuovo sciopero generale Cgil e Uil in vista) e va a votare con sempre minor trasporto. Una politica degna di questo nome dovrebbe farsi più di qualche domanda, e darsi più di qualche risposta. Ma se la priorità è il ponte sullo stretto di Messina, allora restano davvero poche speranze.
A tal punto che alcune voci sicuramente malevole sostengono che il Pd l’abbia fatto apposta a perdere le elezioni, scegliendo di guardare già al 2027.
Quando, a occhio, la trimurti di destra che da trent’anni guida o condiziona le scelte del paese non sarà più omogenea come in passato. Gli scricchiolii si sentono già oggi, vista la debolezza di Berlusconi e dello stesso Salvini di fronte alla luna di miele dell’Italia più profonda con sorella Giorgia e i suoi fratelli d’Italia. Ps. Se i sondaggi fotografano il vero, e dopo le elezioni non c’è motivo di dubitarne, il movimento progressista a Cinque stelle guidato da Giuseppe Conte avrebbe scavalcato il Pd in cerca del sostituto di Enrico Letta.
Modesto consiglio, se il Parlamento non deciderà di discutere sul serio una nuova legge elettorale che sostituisca l’incommentabile rosatellum, chi ha perso le elezioni di settembre dovrà rivedere le proprie strategie. Perché non si può giocare a briscola con le regole dello scopone, Massimo Cacciari