I protocolli d’intesa del commercio e della distribuzione
Il 12 dicembre sono stati siglati i protocolli d’intesa con le associazioni datoriali che fanno riferimento al mondo del commercio, del terziario, della distribuzione organizzata e della distribuzione cooperativa. E’ un protocollo che pone le basi per il rinnovo dei rispettivi contratti di riferimento e al tempo stesso determina due forme di erogazione economica alle lavoratrici e ai lavoratori di questi comparti contrattuali: la una tantum di 350 €, suddivisa in due rate pagate nei mesi di gennaio 2023 (200 €) e marzo 2023 (150 €). A questo importo bisogna aggiungere 30 € (al 4’ livello contrattuale) che saranno inseriti in busta paga e che rappresentano un anticipo sull’erogazione salariale, frutto delle prossime discussioni contrattuali. Nel protocollo, infine, si definiscono tempi e incontri proprio per arrivare alla conclusione reale dei diversi negoziati. E’ un documento che si presta a diverse considerazioni: quasi tutte di contesto.
Ricordiamo che questo rinnovo è atteso dalla massa dei lavoratori del mondo del commercio da oramai diverso tempo. I contratti nazionali sono formalmente scaduti nel 2019 e la pandemia ha sollecitato la scelta di rinviare l’avvio delle discussioni contrattuali. Quindi aver oggi avviato la fase negoziale è un dato positivo: soprattutto se si considera che finalmente le lavoratrici e i lavoratori avranno degli aumenti salariali ed un importo economico, una tantum, che pur non coprendo completamente i periodi di mancati rinnovo persi segna un punto positivo grazie al piccolo sollievo economico offerto. E’ anche positivo aver sincronizzato i tempi delle discussioni contrattuali: questo fatto restituisce dignità negoziale ai lavoratori delle cooperative di consumo che, spesso, dovevano assistere come spettatori, inerti, alle trattative per il contratto del terziario o il più moderno contratto della distribuzione organizzata. Questo perché il mondo della cooperazione non voleva rinnovare il proprio contratto nazionale senza il riferimento preciso di ciò che accadeva nel contratto del commercio.
Queste considerazioni non mi fanno scordare, però, che proprio durante la pandemia io e le mie colleghe e colleghi siamo stati costretti ad affrontare la paura di andare a lavorare senza la possibilità di restare protetti a casa. Ricordo che proprio noi siamo stati tra coloro che hanno offerto un supporto per le persone in quei giorni difficili: ricordo che anche su di noi si è spesa tanta retorica che oggi sembra dimenticata. Non amo i paragoni militari, ma in quella fase siamo stati come soldati mandati a combattere su un fronte senza confini e riferimenti, per questo più terribile e frustrante. Ebbene, di fronte a quella retorica, ancora il reale rinnovo del contratto tarda ad arrivare, pur con la sottoscrizione dei protocolli del 12 dicembre.
Durante la visita al Papa dello scorso 19 dicembre il pontefice nel suo discorso ha detto: “Date la voce a chi non ha voce. Fate rumore”. Beh, secondo la mia idea, e secondo la percezione che molti miei colleghi hanno avuto in questi mesi, e mi hanno esternato, di rumore noi non se ne è fatto. In questo silenzio l’una tantum è un risultato brillante e ben accetto; ma, mi chiedo, se ci fosse stato un po’ di rumore in più, avremmo forse potuto ottenere un diverso approccio delle nostre controparti alla discussione negoziale? Magari potremmo avviare una profonda riflessione sulla riduzione dell’orario di lavoro (nel CIA di Unicoop Firenze, la mia azienda ci sono i semi per raggiungere questo storico obiettivo sindacale); magari potremmo rimettere al centro delle discussioni l’importanza dell’investimento umano del lavoro e contrastare così i meccanismi della precarietà che oggi sembrano imbattibili; magari potremmo risvegliare l’entusiasmo e la partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori e ottenere aumenti economici migliori.
Credo che dovremmo prendere tutti quanti assieme un impegno: sosteniamo la firma di questi protocolli oggi, e viviamoli come un primo importante passaggio, ma impegniamoci tutti a fare più “rumore”. Assemblee, iniziative di sensibilizzazione dei consumatori, coordinamenti tra delegati dei diversi contratti così da definire una maggior attenzione e conoscenza reciproca, e unificare e rafforzare le iniziative di lotta. Promuovere le elezioni delle RSU nel mondo del commercio, in ogni luogo di lavoro, per progredire sulla strada della rappresentanza, e vincere le resistenze di FISASCAT e UILTUCS su questo tema.
Insomma, superiamo il timore che sollecitare aspettative sia un pericolo: senza aspettative non c’è interesse, e senza interesse non c’è partecipazione. E se non c’è partecipazione i risultati non potranno che essere sempre più modesti, in una spirale che è nostro dovere spezzare. Perché, come spiegava in modo semplice ed efficace Francesco Taddei, capo storico della RSU dell’Unicoop, un compagno e per me un maestro sindacale, la lotta ha comunque un senso perché, come recita uno slogan che abbiamo ricordato, “chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso!”.