Alice nel Paese degli appalti - di Daniela Droghetti

Da circa due anni sono funzionaria sindacale per la FILCAMS e mi occupo dei contratti del multiservizi e della ristorazione, ossia quelli legati al mondo degli appalti.

I lavoratori e le lavoratrici in appalto sono soggetti a cambio di gestione ad intervallo ciclico di 3/4 anni e, nonostante un contratto a tempo indeterminato, cadono ogni volta in uno stato di incertezza profonda, in quanto non sanno se manterranno le stesse condizioni contrattuali precedenti (monte ore, stipendio e addirittura lo stesso tipo di contratto), per non parlare delle condizioni di miglior favore conquistate in ambito della contrattazione locale o di secondo livello.

Altro motivo di forte preoccupazione, in questa fase, è l’introduzione delle innovazioni tecnologiche che contribuiscono a modificare i capitolati d’appalto, ridimensionando e riducendo, spesso ingiustificatamente, le ore contrattuali ed abbattendo i costi. In un ambito dove il tipo di lavoro è usurante, l’impiego di tecnologie deve essere un supporto al lavoratore e non sostitutivo della manodopera. Anche e soprattutto in questi processi di forte impatto sul lavoro e sulla componente umana dobbiamo essere presenti attivamente.

A questo stato di incertezza si aggiunge la difficoltà con cui si rinnovano i contratti nazionali, visto che i tempi vengono costantemente allungati.

Quello del Multiservizi, infatti, è stato rinnovato con grande fatica a causa di una posizione, per noi inaccettabile, delle associazioni datoriali, che chiedevano, tra le varie cose, la restituzione della malattia, creando così una situazione di stallo durata otto anni. Un tempo infinito per le lavoratici ed i lavoratori che, nel mentre, hanno subìto una perdita salariale per via di una mancanza di adeguamento salariale al crescente e costante aumento della vita.

Gravi conseguenze dovuta ad uno schema che le associazioni datoriali sembrano riproporre nei diversi rinnovi contrattuali, che assicura a loro un abbattimento dei costi e reca un danno alle lavoratrici ed ai lavoratori, già fortemente penalizzati da stipendi ai limiti della fame. La mancanza di normative disincentivanti, volte a penalizzare il mancato rinnovo dei contratti alla loro scadenza (come ad esempio la vacanza contrattuale o delle penali a valore crescente), è poi un ulteriore ostacolo da superare.

Come categoria, il nostro impegno è indirizzato anche a contrastare questo gioco al ribasso da parte datoriale, in modo da garantire una maggiore stabilità e sicurezza salariale.

In questa nostra lotta, purtroppo, non ci vengono incontro leggi e norme. Perché ogni governo provvede sistematicamente a modificarle e, molto spesso, a peggiorarle.

Un esempio è l’approvazione del nuovo codice degli appalti, nel quale si introduce il subappalto a cascata, autorizzando di fatto la possibilità di subappaltare a più livelli, col rischio che in assenza di ‘regole’ e dovuti controlli si abbassino ulteriormente salari e tutele dei lavoratori; ed aumentino infortuni sul lavoro e sfruttamento, facilitando di fatto l’infiltrazione criminosa.

Inoltre, ormai da anni, mancano manovre economiche efficaci che abbiano come obiettivo quello di livellare il costante aumento dell’inflazione con i salari, nonostante le numerose proposte messe sul tavolo dalla CGIL. Come ad esempio la definizione di una riforma delle aliquote IRPEF che siano realmente restitutive nei confronti dei contribuenti più poveri, o la reintroduzione di un sistema automatico di indicizzazione delle detrazioni all’inflazione.