C’è l’urgenza assoluta di fermare la guerra per avviare immediatamente una trattativa che porti a una tregua subito e alla Pace possibile, condivisa e duratura. Dopo un anno di distruzione e di morte non c’è nessuna volontà di un’azione diplomatica. In Parlamento, in spregio alla Costituzione, si continua a votare a larghissima maggioranza per nuovi invii di armi! È fondamentale tornare in piazza, dare voce al movimento pacifista e alla maggioranza degli italiani.
Con la guerra, con la conseguente crisi energetica, con l’aumento dell’inflazione e la recessione strisciante nel nostro paese si fanno sempre più difficili le condizioni di vita di chi rappresentiamo.
Il governo Meloni, si conferma classista, liberista, razzista e antidemocratico.
E’ un governo che affronta la crisi di sistema con il suo programma ideologico: destrutturare le garanzie e i diritti di chi lavora, precarizzare ancor di più il lavoro, liberalizzare e privatizzare il mercato, colpire e togliere protezione alla parte più debole della popolazione. A giugno oltre 500.000 persone saranno private del minimo di sostegno fornito dal reddito di cittadinanza. La sanità e la scuola pubblica subiranno ulteriori tagli e privatizzazioni.
E’ un governo bellicista di “legge e ordine”. E’ un governo con una visione e un’ideologia autoritarie e con la voglia di governare attraverso la “dittatura della maggioranza” parlamentare con cui imporre le sue riforme costituzionali, i suoi disvalori.
E’ un governo che mette tra le sue priorità il presidenzialismo e l’autonomia differenziata, mettendo in pratica un programma eversivo, antidemocratico: una revisione costituzionale, disgregativa dell’unità del paese e della democrazia parlamentare. Si vuole la secessione dei ricchi. Le regioni dei “governatori” diverranno ancora di più piccole monarchie, feudi con il monopolio sulla sanità e l’istruzione, un tempo primazie del sistema pubblico nazionale.
Si vuole infangare, manipolare la storia e l’antifascismo per affermare l’egemonia svaloriale della destra.
La Costituzione è stata svilita, manomessa, disconosciuta, non applicata dai vari governi di ogni colore, a partire dal diritto alla salute e all’istruzione pubblica, alla progressività fiscale, sino all’antifascismo e al ripudio della guerra. La Costituzione antifascista, le istituzioni, la democrazia parlamentare e rappresentativa vanno protette; esse si fondano sullo stato di diritto costruito su pesi e contrappesi, sulla suddivisione fra i poteri, il pluralismo dell’informazione e la libertà di stampa.
La battaglia antifascista e dei valori va ripresa con decisione.
Dovremo fare i conti con l’individualismo e il qualunquismo, con la spoliticizzazione e la desindacalizzazione, la disaffezione alla partecipazione, risalire la china dell’arretramento culturale, ritornare a fare battaglia dei valori.
Dovremo tenere alta la guardia sulla questione morale, che è questione politica e non solo giudiziaria. Il verminaio che ha coinvolto il Parlamento europeo è un’offesa per chi sta lottando per il lavoro, la salute, i diritti. La destra lo strumentalizzato, facilitata dal coinvolgimento di personalità del socialismo europeo e di un ex dirigente della CGIL. Questa per noi sindacalisti della CGIL è una ferita. La deriva culturale ha toccato anche il sindacato, ma la CGIL ha buoni anticorpi. Noi la nostra diversità l’agiamo con coerenza ogni giorno. La CGIL è parte lesa: non potrà mai essere la casa dei corruttori e dei corrotti.
La CGIL è in campo con coerenza. Dovrà trovare energie nuove potenziando insediamento e rappresentanza, rinforzando alleanze sociali e politiche, impegnandosi per l’unità del mondo del lavoro, alimentando una partecipazione consapevole per reggere uno scontro duro di lunga durata.
Senza la battaglia delle idee non si riconquista l’egemonia.
I numeri indicano lo stato reale del paese nel 2022: 24% il tasso di disoccupazione giovanile, 49% quello femminile, 4 milioni di dipendenti assunti con contratti precari e a tempo, 7 su dieci i contratti a tempo determinato attivati nel 2022, 12% il part time involontario, 13% il tasso medio del lavoro povero, 9% i lavoratori subordinati che percepiscono una retribuzione annua lorda di meno di 10mila euro; ogni giorno sono assassinati sul lavoro tre lavoratori; mancano gli insegnanti e il personale scolastico, 10 milioni di italiani non si curano e non fanno prevenzione per un SSN deprivato di risorse in favore del privato. Sono 120 in un anno le donne uccise da uomini con cultura patriarcale e maschilista, in 3000 sono morti mentre cercavano di raggiungere l’Italia morti per ipocrisia e disumanità.
Non sono numeri frutto del destino ma di scelte. Il capitalismo esiste ancora; esistono le classi, i poveri e i ricchi, gli sfruttati e gli sfruttatori, i possessori di immense ricchezze e chi è privato di ogni diritto e sussistenza per una vita degna.
Per cambiare questa realtà serve la CGIL ora più che mai. Serve una CGIL che deve mantenere la sua autonomia di pensiero e di azione, ma mai autosufficiente, indifferente e antipolitica: le nostre radici affondano nella migliore storia del movimento operaio e della sinistra politica italiana e internazionale, siamo presidio di democrazia e difensori della nostra Costituzione, e sappiamo la differenza sostanziale tra destra e sinistra.
Abbiamo bisogno di una sinistra con al centro il lavoro e il suo valore. Una sinistra che manca.
Servono nuovi rapporti di forza tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori, tra padroni e lavoratori nei luoghi di lavoro.
La nostra mobilitazione confederale dovrà intrecciarsi con l’azione contrattuale per il rinnovo dei contratti nazionali e di secondo livello, sapendo mettere coerentemente e dentro al nostro quadrato rosso l’aumento adeguato del salario e non surrogati di esso, la riduzione e il controllo degli orari per ridistribuire il lavoro. Essere autorità salariale e soggetto contrattuale di intervento e di controllo sulla condizione lavorativa e sull’organizzazione del lavoro. Senza queste gambe confederale e categoriale, la CGIL perde la natura, la forza e l’unicità di sindacato generale delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ci sarà bisogno di una CGIL unita e plurale, autonoma nel pensiero e nell’azione, forte della coerenza delle scelte assunte e delle lotte fatte. Una CGIL che dia continuità alla mobilitazione, pronta a dare voce e a rappresentare il lavoro, la parte più debole e discriminata della popolazione, chi paga le conseguenze della profonda crisi di sistema, della grave crisi climatica e ambientale; pronta a dar voce a chi si batte per i diritti sociali e civili, per riconoscere la diversità come valore e combattere la discriminazione su base sessuale, etnica o religiosa.