Il sindacato o cambia o muore - di Vasco Cajarelli

La condizione drammatica, che ci consegna una fase che vede la tempesta perfetta di post pandemia e guerra in Europa e crisi economica e sociale avvalorata dall’assenza di una sinistra politica, ha prodotto la più drastica riduzione dei diritti di chi vive del proprio lavoro.

Il sindacato è in una fase di grande difficoltà: intendiamoci, la CGIL ha un documento congressuale di grande valore e di prospettiva, ma intanto il congresso non è stato sufficientemente valorizzato per riconnettersi con i lavoratori; e poi il rischio è di avere ragione senza avere la forza. Diciamo la verità: anche in Umbria lo sciopero non è andato per niente bene e per la prima volta anche la manifestazione è stata inadeguata. Abbiamo bisogno di cambiare a partire da un cambio culturale; dobbiamo riaprire il conflitto sociale! Non è sufficiente avere un sindacato che si riduca ad erogare servizi e tutele individuali: dobbiamo rimettere al centro la capacità di mobilitazione e indirizzare il conflitto contro chi in questi anni si è arricchito sopra le spalle di chi lavora.

La crisi del sindacato è più grande di quello che appare, e non riconoscerla è il peggior modo per affrontarla. Fare i sindacalisti è una missione, dobbiamo evitare atteggiamenti burocratici e da ceto politico che si autoriproduce; la situazione sociale è drammatica e non possiamo rinviare il cambiamento anche dentro di noi: va premiato chi il conflitto lo sa fare.

Pensare che in un paese come l’Italia facciano più notizia gli scioperi dei benzinai (che tra l’altro non è neppure uno sciopero, in quanto è una serrata di piccoli imprenditori), che lo sciopero dei lavoratori dipendenti la dice lunga sul disastro culturale di questo paese. E’ indispensabile fare come in Francia, altrimenti saremo ininfluenti. La debolezza del sindacato produce rassegnazione e solitudine e con i “virus” presenti nella società la risposta a destra diviene inevitabile.

Il congresso della CGIL dell’Umbria è stata una occasione (mancata o no? Vedremo!) per aprire un reale fase nuova di mobilitazione e lavoro, con umiltà, con determinazione, riconquistando coraggio e rappresentanza di chi vive con il proprio lavoro, Senza una grande CGIL non c’è nessuna speranza di cambiare la condizione sociale ed economica.

Vogliamo cambiare il mondo lavorando.