Si torna in piazza, per la pace e contro il riarmo - di Riccardo Chiari

“La sola speranza è la costruzione di un vero movimento contro la guerra. Un movimento che attraversi l’intera società, con un coinvolgimento generalizzato alle ragioni della pace”. L’auspicio di Tommaso Di Francesco, condirettore del manifesto intervistato sul periodico Sinistra Sindacale (www.sinistrasindacale.it), riflette il sempre più pericoloso avvitamento del conflitto russo-ucraino, di fronte al quale l’unica opzione dell’Occidente continua ad essere quella di inviare nuovi armamenti al governo di Kiev.

Ad un anno dall’invasione, i numeri (fonte Sole 24ore) dicono che i soli Stati Uniti hanno sostenuto militarmente l’Ucraina con circa 27,2 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi sono stati stanziati altri 2 miliardi, per sistemi missilistici capaci di colpire a 150 chilometri di distanza. Da parte loro, gli europei non sono stati da meno: i Paesi dell’Ue hanno speso nel complesso circa 12 miliardi e l’Inghilterra altri 4, mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha promesso di inviare altri miliardi di armamenti.

La decisione Usa di inviare nuovi sistemi missilistici è arrivata dopo che i Paesi occidentali hanno promesso la fornitura di decine e decine di carri armati. Sul punto, pressata dagli alleati più belligeranti (Polonia, Paesi baltici, Olanda e Inghilterra),alla fine la Germania ha acconsentito all’invio di una dozzina di Leopard, da aggiungere agli altri 60/70 inviati, appunto dai “falchi” europei. In parallelo, gli Usa hanno promesso di costruire appositamente qualche decina di Abrams, che però non hanno realmente intenzione di inviare per timore di vedersi scippati i segreti tecnologici dei suoi carri armati.

In ogni caso, ci vorranno mesi per l’arrivo e la messa in opera dei tank. Mentre la Russia continua ad avanzare nel Donbass nel gelo dell’inverno, e prepara una nuova offensiva di primavera. Un contesto esplosivo, che ha costretto anche un avversario del Cremlino come il capo di stato maggiore statunitense Mark Milley ad ammettere: “Russia e Ucraina devono riconoscere entrambi che probabilmente non ci sarà una vittoria militare, nel senso stretto del termine. E quindi è necessario volgersi verso altre opzioni”.

Il problema, enorme, è che le politiche di Usa-Inghilterra e dell’Ue appaiono sorde ad ogni alternativa diplomatica rispetto all’invio di armamenti, chiesti non soltanto dall’ucraino Zelensky ma anche dal segretario Nato Stoltemberg, “La priorità dovrebbe essere la salvaguardia del welfare europeo – tira le somme Tommaso Di Francesco - invece stiamo salvaguardando il warfare”.

Spese gigantesche, che stridono ogni giorno di più con le crisi economiche innescate dalla guerra. Alimentate per giunta da speculazioni finanziarie di ogni genere, e da una corsa generalizzata al riarmo a scapito di investimenti per il welfare, il lavoro, la sanità e la scuola.

Per questo, tornando all’auspicio del condirettore del manifesto, è di gran rilievo la decisione delle associazioni della Campagna Europe for Peace di riprendere il cammino che il 5 novembre scorso portò in piazza a Roma oltre 100mila persone sotto la bandiera arcobaleno. “Insieme a tutte le associazioni – ha spiegato Maurizio Landini a nome della Cgil – il 24 e 25 febbraio chiediamo di scendere in piazza in tutte le città, per fermare una guerra folle e chiedere che parta il negoziato. Le spese militari aumentano nel mondo del 110%, una follia in un pianeta in cui servono investimenti per curare le persone, per creare lavoro, per cambiare il modello di sviluppo. Bisogna fermare la guerra, e mettere in campo la forza della diplomazia”.

Un appello all’intera Europa, che avrebbe potuto e dovuto evitare la guerra in Ucraina. E ad una Unione europea che solo da protagonista di una politica di pace potrà evitare, di fatto, la sua dissoluzione come entità autonoma.