Antonio Petrocelli, attore e storico politicamente impegnato, ci racconta attraverso la storia di Armando Miele uno degli snodi della storia italiana: la vicenda degli internati militari italiani, ossia di quei militari che non scegliendo di combattere alleati al Terzo Reich furono deportati e internati in Germania. Al testo è aggiunta una presentazione da parte di Marco Grassi, vicepresidente della ANEI (l’associazione degli ex internati), e una prefazione dello storico Carmelo Albanese.
Ad Armando Miele è intitolata una importante via a Montalbano Jonico, suo paese natale e paese natale di Antonio Petrocelli. Via Miele scorre parallela a Via Risorgimento e unisce Piazza Risorgimento con la via dei Caduti. Poco oltre via Marconi, via Mazzini, e un dedalo di vie dedicate alle conquiste risorgimentali che mostra palese l’azione colonizzatrice e ideologica della toponomastica. Il nome di Armando Miele è pure riportato nel monumento ai caduti del paese lucano, riportato così, senza un motivo: c’è semplicemente scritto “morto in Germania”. Che un caduto sia morto è scontato e che sia morto in Germania non lo rende di per sé appetibile alla toponomastica. Certo la famiglia Miele era ed è assai importante in quella terra ma cosa tace la lapide?
Armando Miele era uno di quei tanti militari italiani, un sottotenente, che l’8 settembre venne tradito dalla sua patria, dalla classe dirigente della sua patria. La patria lo lasciò sull’isola di Rodi, dove era finito quando dopo non essere riuscito a spezzare le reni alla Grecia il possente intervento dell’esercito tedesco aveva creato i presupposti per l’occupazione. La patria lo aveva lasciato con pochi ordini e ben confusi: “resistere ai tedeschi – non sparare sui tedeschi – uccidere i tedeschi – autodisarmarsi – non cedere le armi” conseguenza di quel proclama badogliano che annuncia l’armistizio da cui solo le élite avrebbero potuto comprendere che la guerra continuava sull’altro fronte. Con l’armistizio l’esercito si dissolse, gli alti ufficiali si misero in salvo e tanto la truppa, quanto i sottufficiali, quanto gli ufficiali più bassi o più probi si trovarono nelle mani dei tedeschi che, con l’inganno per evitare resistenze, li condussero in Germania. La lunga storia d’amore tra le classi popolari e le classi dominanti fasciste e sabaude era rotta. I numeri non furono pochi: 850.000 soldati si trovarono in Germania. Internati. E gli internati non hanno lo status di prigioniero di guerra, sono solo un piccolo gradino più in alto dei deportati. Gli italiani, inclusi quei repubblichini che volevano questa condizione per i compatrioti, ben sapevano cosa significasse “internato”. Internati all’Asinara, senz’acqua e senza speranza, furono diverse centinaia di Etiopi a morire di stenti; internati in Dalmazia furono decine di migliaia di cittadini slavi a sperimentare l’inferno in terra. La via d’uscita dalla condizione di internato era quella di tornare soldati o per il Reich o per il suo alleato repubblichino. La sostanza era sparare contro altri italiani che, come loro, non ne potevano più del fascismo e di una classe dirigente che aveva portato il paese al disastro. Fu così che almeno 650.000 di loro scelsero di non collaborare con il nemico, nemico dell’umanità e della patria. L’analisi gramsciana sulla inconsistenza della classe dirigente nazionale era divenuta realtà, fatto. Costretto poi a lavorare per i tedeschi come schiavo nelle fabbriche impiegate nello sforzo bellico. Armando Miele, ci trovò la morte.
Antonio Petrocelli ricostruisce la vicenda di Arnaldo Miele mediante testimonianze indirette ossia i diari, le lettere, i libri, le poesie dei tanti ufficiali che condivisero con lui il campo di prigionia e fin anche la sua stessa baracca. Primo tra loro il compagno Alessandro Natta che con il suo “L’altra resistenza” offrì la prima testimonianza e una buona chiave di lettura a questo importante frammento di storia patria. L’importante cifra dell’autore si coglie proprio grazie alla modalità di questo racconto che fonde la dimensione artistica delle testimonianze dirette per costruire una narrazione che scorre tra il vero e il verosimile che è tanto fatto storico quanto sua interpretazione. Questo approccio permette all’autore di non separare la dimensione emotiva della vicenda umana del protagonista da quella storica degli internati e degli italiani tutti. Un obiettivo importante in questi tempi in cui la propaganda emotiva domina la vicenda sociale e politica e nega la riflessione sulle cose alla base di ogni critica e di ogni azione che rende questo libro, dedicato a una piccola vicenda, importante.
“La patria guarda altrove. Frustrazione e passione sulle tracce del sottotenente Armando Miele”
di Antonio Petrocelli
Editore Treditre
Data di Pubblicazione: febbraio 2023
ISBN 978-88-943839-7-3
Pagg. 162, formato: brossura