Meloni, si fa presto a dire America - di Frida Nacinovich

Tu vuoi far l’americana, ma sei nata in Italì. Si fa presto a dire America, poi però succede che l’amato Donald Trump ingaggi uno scontro non solo commerciale ma addirittura geopolitico contro il Vecchio Continente. Un’Europa di cui la presidente del consiglio italiana, volente o nolente, fa parte. E seppur ufficialmente all’opposizione della grossa coalizione che sostiene Ursula Von der Leyen, la sorella d’Italia Giorgia Meloni si è accreditata come interlocutore di peso in quel di Bruxelles. Insomma ha i piedi in più staffe, anche per rintuzzare le continue fughe in avanti dell’alleato Salvini, cercando di mantenere un rapporto politico con i forzisti di Antonio Tajani, convinti europeisti. Viene in mente il vecchio rompicapo del lupo, della capra e dei cavoli.

Dalla sua la sorella d’Italia ha i sondaggi che la accreditano di un robusto 30%, nonostante i continui scivoloni dei suoi ministri, che sembrano presi di peso da un caravanserraglio di cabarettisti di teatro di periferia. In testa l’ex parente Francesco Lollobrigida che con il suo ultimo pronunciamento - “bere tanta acqua fa male” - ha forse voluto dare una spinta ai settori vitivinicolo e della ristorazione di casa nostra, messi in crisi dal salviniano codice della strada ‘straight edge’, no alcol, no tabacco, no marijuana. Quando la toppa è peggiore del buco. Valicate le Alpi però Meloni dà l’impressione di non saper che pesci pigliare. E non sempre può intervenire in sua vece il guardaspalle ministro Guido Crosetto, che di fronte alle ansie di spedizioni militari in Ucraina da parte di Francia e Inghilterra, ha risposto seccamente: “Inviare soldati al fronte non è come spedire un fax”. Come andrà a finire? Azzardiamo: Giorgia si è ormai innamorata di Donald e del suo consigliori Elon Musk, ma forte è il rischio che i due, dopo averla sedotta, la abbandonino senza una lacrima, senza poesia.

Si fa presto a dire America, soprattutto se dal friend shoring (dovete fare affari solo con noi americani, care amiche e amici europei) si è passati di punto in bianco al unfriend shoring (non siamo più amici ma dovete comunque fare affari solo con noi). Conclusioni: se le sanzioni alla Russia hanno colpito ma non affondato lo zar Putin, i dazi che the Donald annuncia un giorno sì e l’altro pure fanno una gran paura all’intera Europa, Italia in prima fila perché notoriamente grande esportatrice negli Stati Uniti. Un bell’impiccio, di fronte al quale le schermaglie di casa nostra con un’opposizione di gran lunga inferiore nei numeri parlamentari e che per giunta procede in ordine sparso, sembrano una passeggiata di salute per il governo. A tal punto che Daniela Santanché resta ministra nonostante i suoi guai giudiziari, l’ineffabile collega Urso continua a veder perdere pezzi di produzione industriale senza battere ciglio e il guardasigilli Nordio, fra un bicchiere e l’altro (di vino), lascia libero il torturatore libico Almasri mentre continua la sua crociata contro le toghe rosse, una magistratura che si è magicamente ricompattata, e non era un’impresa facile, di fronte alla deforma giudiziaria che fa carta straccia di uno dei principi cardine della nostra Costituzione.

Ogni rosa ha le sue spine. Ma certo non bastano le strette di mano e le foto con il sorriso di ordinanza ai vertici internazionali per nascondere l’irrilevanza dell’Italia e della stessa Europa nel grande risiko planetario.


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