Elezioni europee, si vota ad personam - di Frida Nacinovich

Ma i/le leader dei partiti non avevano detto che non si sarebbero candidati come capolista alle europee? Romano Prodi, che è stato presidente della Commissione Ue, ha provato a dire che le elezioni continentali non hanno bisogno di un’eccessiva personalizzazione e che l’importante sono le posizioni politiche. Ha trovato ad ascoltarlo una platea di sordi. Da destra è anche comprensibile, la trimurti inventata da Silvio Berlusconi vuole addirittura l’elezione diretta del presidente del Consiglio, figuriamoci se non ci mette la faccia sui simboli elettorali. Vota Giorgia, è l’ordine di servizio dei fratelli e dei cognati d’Italia. Matteo Salvini invece è quasi costretto a metterci la faccia, visto che fra gli ex diletti figli del dio Po monta una comprensibile insofferenza dati i tanti flop della Lega negli ultimi quattro anni. A tal punto che il doge Zaia e gli altri maggiorenti del partito hanno già fatto sapere che l’asticella è fissata all’8%: sotto di quella la panchina è a fortissimo rischio. Riuscirà l’acquisto di gennaio, il generale Vannacci, personaggio che meriterebbe una colonna infame a sé, a cambiare l’entropia di una Lega non più Lega che sta facendo scuotere la testa (da anni) all’anziano fondatore Umberto Bossi? Quanto a Forza Italia, c’è l’esperto Antonio Tajani al timone, ma tanto gli elettori continueranno a votare Silvio Berlusconi santo subito per i prossimi trent’anni.

Si sa, la destra italiana, come quella degli altri paesi, ha un atavico riflesso condizionato di fronte al capo di turno: credere, obbedire, votare. Ma il centrosinistra? Gli italovivisti sono il partito personale per definizione, hanno il vero erede di Silvio, Matteo Renzi. Basta la parola. Il senatore di Scandicci, la poiana di Rignano sull’Arno, è però sufficientemente astuto da garantirsi il 4% alleandosi con + Europa di Emma Bonino, coniando quegli Stati Uniti d’Europa che appaiono tanto seducenti agli occhi inesperti quanto improbabili per chi legge ogni tanto il giornale o guarda qualche volta la televisione. E sempre per parlare di centro, l’elegante pariolino Carlo Calenda ci ha pensato su fino all’ultimo e poi ha deciso di candidarsi come capolista di Azione in tutte le circoscrizioni. Si erano tanto amati quei due, e da questi particolari si capiscono tante cose. I nodi, numerosi, vengono al pettine quando si parla del Pd. Non è un partito personale, tanto è vero che il pensiero stupendo di inserire il nome Schlein è durato lo spazio di un paio di mattine. Al tempo stesso però la segretaria sarà capolista quasi in ogni dove. Insomma, quel che esce dalla porta rientra dalla finestra. Non è un partito personale nemmeno il Movimento cinque stelle (non ridete, ndr), soprattutto quel democristiano purissimo che risponde al nome di Giuseppe Conte è astuto quasi quanto Renzi. Macché nomi nel simbolo, macché capolista, ci mettiamo una bella parola “pace” e passa la paura. Va a finire che fra i più onesti c’è la strana coppia Verdi/Sinistra che unisce i più accaniti guerrafondai del continente a generosi pacifisti di sinistra, e l’altrettanto strana lista “Pace diritti dignità” che, dietro impulso di Michele Santoro e Raniero La Valle (160 anni in due) cerca di compattare chi davvero ha il voltastomaco di fronte a quello che succede sul campo di battaglia ucraino, e sull’ex prigione a cielo aperto della Striscia di Gaza diventata oggi un unico ammasso di macerie e cimitero di decine di migliaia di innocenti.

Già, la guerra, quella che ha convinto il partito di Elly Schlein, ma anche di Lorenzo Guerini, a candidare Marco Tarquinio, l’ex direttore di Avvenire, pacifista a tutto tondo. Perché sotto le bombe non muoiono solo uomini e donne. Muore la politica.


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