Il solito piagnisteo stagionale dei padroni - di Costantino Loi

Fino allo scorso anno le lavoratrici e i lavoratori stagionali venivano descritti come fannulloni sdraiati sul divano, cullati dal reddito di cittadinanza, senza più voglia di lavorare.

Quest’anno, invece, complice la scomparsa del tanto odiato “sussidio per i fannulloni”, il mantra sui giornali e in tv è leggermente cambiato: ora i potenziali lavoratori stagionali sono tutti giovani, dinamici, festaioli che preferiscono andare al mare o fare gli aperitivi anziché appassionarsi a lavori allettanti e con paghe molto competitive.
“La voce del padrone” come sempre ha larga diffusione, la puoi ascoltare ovunque, trova sempre spazio su articoli e programmi televisivi in cui un imprenditore di turno, senza contraddittorio, lamenta incredulo questa immotivata difficoltà nel trovare personale.

Ad ascoltarli senza troppa attenzione sembra effettivamente impossibile che le loro attività non siano sommerse tutti i giorni da centinaia di curricula! Normalmente vantano di offrire stipendi da 1800/2000€ al mese. Chi mai rifiuterebbe un lavoro stagionale così?

Ma negli uffici dei sindacati di settore o in quelli dell’Ispettorato del Lavoro di tutta Italia ogni giorno risuona una canzone diversa, più triste e amara e banalmente più vera.

Basta grattare la superficie per capire che le cose sono molto distanti da come vengono raccontate in modo molto superficiale sui media.

Per ogni persona che rifiuta di lavorare in nero o in maniera irregolare ce ne sono molte di più che accettano, per necessità o bisogno, loro malgrado condizioni di lavoro vergognose.

Le loro storie entrano ed escono continuamente dai nostri uffici e sono, mettendole insieme, la risposta plastica a chi si chiede perché il lavoro nel turismo sia in crisi.

Non ci giro troppo attorno: oggi in Italia, troppo spesso, lavorare nel settore turismo fa schifo!

Mentre altrove si lotta per ridurre la settimana lavorativa, nel turismo si fa un balzo rivendicativo indietro di decenni e si lotta ancora per far registrare i contratti, rispettare l’orario contrattuale, retribuire correttamente supplementari e straordinari o persino far riconoscere il pagamento dell’intero importo presente in busta-paga.

In troppi casi non si lavora in sicurezza, il personale è sottodimensionato, i turni sono massacranti e spezzati, anche per 12-14 ore al giorno e senza riposi settimanali.

Potrei portare come esempio Laura, 54 anni, cuoca con decine di stagioni alle spalle, pagata con un forfait di 1200€ netti al mese per lavorare in cucina 70 ore alla settimana rispetto alle 35 firmate. Due soli giorni di riposo goduti in sei mesi di contratto.

O Marco, 24 anni, bagnino, che non ha ricevuto per tutto il rapporto di lavoro nemmeno una busta-paga e solo ad ottobre ha scoperto che lo stipendio ricevuto nei mesi precedenti fosse comprensivo di tredicesima, quattordicesima e TFR, frazionati su ogni mensilità per far apparire il mensile un po’ più alto.

Tanti straordinari, sì, ma non dichiarati in busta-paga né tantomeno retribuiti.

Oppure Giulia, 27 anni, pasticcera, che dopo aver pagato un biglietto dalla Sardegna al Trentino, ha scoperto una volta arrivata che metà del suo stipendio sarebbe stato in nero, oltre che più basso di quanto firmato. “Ormai sei qui, prendere o lasciare!”, la risposta della datrice di lavoro alle sue proteste.

E sappiamo che per ognuno di loro che entra nei nostri uffici o che riusciamo a raggiungere con le nostre campagne di sensibilizzazione, ce ne sono troppi altri che questo sistema lo subiscono senza possibilità di denunciare o, peggio, considerandolo normale o immutabile.

Prendere o scappare, insomma!

Davvero, quindi, dovremmo stupirci del fatto che le fondamenta di un sistema così viziato stiano finalmente subendo un terremoto?

Se ne stupiranno solo coloro che queste fondamenta le hanno costruite per decenni su sfruttamento e precariato, calpestando la dignità di intere generazioni di lavoratrici e lavoratori.

Se il 76% delle aziende del turismo che sono state oggetto di controlli nel 2023 è risultata irregolare, con picchi del 95% nel sud Italia, il problema è chiaro, basta volerlo vedere.

Questi dati ci impongono una riflessione: quella di un settore che come Filcams stiamo provando a mettere sottosopra, raccontando un’altra verità e chiedendo una riflessione seria alle parti in causa.

Ma sono prima di tutto imprenditori e associazioni datoriali a dover ricostruire dalle fondamenta, dando ascolto e chiedendo aiuto proprio alle rappresentanze sindacali a cui invece impongono uno sterile braccio di ferro sui tavoli di rinnovo dei troppi CCNL di settore.

C’è bisogno di una riflessione seria di concerto con le forze sindacali e politiche.

Non aiutano, invece, trattative sempre più in stallo di fronte al rifiuto di aumenti contrattuali adeguati.

Non aiutano, invece, proposte datoriali di ulteriore flessibilizzazione e precarizzazione, con richieste di modifiche all’impianto normativo che finirebbero per rendere il settore ancora meno attrattivo.

Davanti a condizioni di lavoro precarie, salari bassi, orari di lavoro irregolari, stress e carichi di lavoro eccessivi, mancanza di opportunità di crescita o specializzazione, migliori e più stabili opportunità in altri settori, come si può non vedere la necessità di mettere in discussione questo settore e ripensarlo?

La percezione comune sempre più negativa del lavoro nel turismo può essere curata solo attraverso una fase di rinnovamento contrattuale ispirata da modelli già esistenti e più virtuosi, con buone pratiche, regole stringenti e maggiori controlli.

Attraverso leggi che rimettano mano al settore, supportandone le buone pratiche ed incentivando il buon lavoro.

Finché invece si continuerà a difendere il sistema attuale, colpevolizzando chi ha deciso di non subirlo, di non essere più schiavo del lavoro stagionale, semplicemente non si fermerà l’emorragia di lavoratrici e lavoratori.

Finché la soluzione più semplice e a portata di mano sarà cercare nuovi schiavi in quelle fasce della popolazione più ricattabili ed emarginate, si starà solo mettendo un altro vergognoso cerotto su una ferita sanguinante.

Se il settore è malato, serve indagare i sintomi e cercare una cura. Altrimenti è solo il piagnisteo stagionale dei padroni e siamo stanchi di ascoltarlo.


Email