Anche se non riuscirà a incidere del tutto sulle decisioni dei singoli Stati, il nuovo Parlamento europeo che uscirà dalle urne dovrà comunque rispondere a una domanda davvero capitale: si vuole davvero andare avanti nella “terza guerra mondiale a pezzi”, che già dieci anni fa l’appena eletto papa Bergoglio aveva posto nero su bianco come lo stato delle cose, oppure siamo ancora in tempo a una salutare riflessione su quella che sarà la nostra eredità verso le generazioni future?
Anche dal voto per l’Europarlamento di Strasburgo potranno arrivare segnali politici nell’una o nell’altra direzione. Anche perché, giorno dopo giorno, i segnali che arrivano dalle cancellerie continentali e da Bruxelles sono a dir poco preoccupanti. “Quando la palla passa all’Ue - scrive ad esempio Andrea Valdambrini su il manifesto - risulta difficilmente visibile qualsiasi discontinuità tra la linea proposta dal Patto Atlantico e quella di Bruxelles” E la Nato, per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg intervistato dall’Economist, invita i paesi che fanno parte dell’Alleanza e che forniscono da due anni decine di miliardi in armi all’Ucraina “a porre fine al divieto di usarle per colpire obiettivi militari in Russia”.
“Prepariamoci ad entrare in guerra con la Russia – tira le somme Tommaso Di Francesco - visto l’intervento a gamba tesa di Stoltenberg nella campagna elettorale per le europee, dove i governi Ue, e gran parte degli schieramenti politici, tacciono sulla questione cruciale per il destino dell’Europa”.
A riprova, al termine dell’ultima riunione del Consiglio Ue nessuno Stato membro ha espresso chiaramente e direttamente l’intenzione di voler ritirare il divieto di utilizzo delle armi fornite dai paesi europei contro obiettivi in territorio russo. Perché si aspettano le elezioni di sabato 8 e domenica 9 giugno. E non per caso, in questi ultimi giorni di campagna elettorale, i “padroni del vapore” politico e mediatico cercano di evitare l’argomento.
Così non hanno alcuna evidenza sui media gli appelli tesi a proporre che il prossimo Parlamento europeo promuova una conferenza con tutte le parti in causa sulla pace e la sicurezza in Europa. Perché appare di una evidenza solare che quasi tutti gli schieramenti in campo appartenenti alle famiglie politiche continentali, compresi i Verdi guidati dai guerrafondai Gruenen tedeschi, hanno l’elmetto ben calcato sulla testa.
Trova così ulteriore conferma la dottrina del “friend shoring” adottata all’inizio della pandemia dagli Usa per contrastare economicamente, ed anche militarmente, l’avanzata dei paesi che non fanno parte dello storico cerchio magico - tutto nella Nato - degli amici di Washington. L’Occidente insomma, che vede nella Cina e nella Russia soprattutto un intralcio al “nuovo ordine mondiale” che a colpi di dazi, di embarghi e di limitazione ai rapporti commerciali si sta cercando di far passare come normalità. Davvero anche questa volta non c’è alternativa?