Un importante e significativo appello promosso da Emiliano Brancaccio e da Robert Skidelsky, il grande biografo di Keynes, nel breve ma denso testo Le condizioni economiche per la pace, si apre con una netta presa di distanza dalla tesi secondo la quale il conflitto russo-ucraino porrebbe in atto uno “scontro di civiltà” e si conclude sottolineando che “per avviare un realistico processo di pacificazione, è oggi necessaria una nuova iniziativa di politica economica internazionale”.
L’economia del disastro - fatta di terapie che hanno previsto austerity, tagli alle spese pubbliche, imposizione del libero mercato anche sui cambi con i conseguenti crolli della valuta locale, di privatizzazioni selvagge, addirittura di accentuazione della tassazione regressiva, piuttosto, chissà perché, di quella sui ricchi, imposte dal Fmi - ha provocato disastri e tragedie umane immense che si sommano senza soluzione di continuità anche agli effetti della pandemia da Covid, alla guerra in Ucraina, alla siccità e alle inondazioni frutto del cambiamento climatico.
Le economie avanzate dovrebbero registrare un rallentamento della crescita particolarmente pronunciato, dal 2,7% nel 2022 all’1,3% nel 2023. Le previsioni sull’andamento dell’inflazione hanno rafforzato le scelte restrittive nel campo della politica monetaria.
Su queste pessime premesse stanno muovendo i primi passi della discussione sulle nuove regole su cui dovrebbe fondarsi il Patto di stabilità e crescita europeo, ma nulla si dice sugli investimenti, sulla loro natura, sulla loro qualità, se essi siano finalizzati o no alla transizione energetica-ecologica e digitale.
La UE, sempre più asservita ai diktat di USA e NATO, non ha fatto nulla per costruire le condizioni di un negoziato finalizzato alla pace, ma predica soluzioni solo nel campo militare, nel prolungamento della guerra fino alla vittoria dell’Ucraina: il quadro diventa terribile.
Nostro obbiettivo è fermare una guerra che ci può portare alla catastrofe nucleare, ma è anche quello di mettere in discussione un sistema economico che si nutre di questi disastri per legittimarsi.
Il conflitto russo-ucraino nasconde una complessità di contraddizioni, dal terreno economico a quello geopolitico, che rimangono compresse dalla contrapposizione fra aggressore e aggredito, anche se siamo consapevoli che il responsabile dell’aggressione all’Ucraina è il governo russo, con una palese violazione del diritto internazionale.
Vi è bisogno di un pacifismo critico e concreto, capace di fare leva su tutte le forze in campo.
Serve un nuovo protagonismo del movimento dei lavoratori delle lavoratrici. La Cgil in questo processo deve esserci ed essere promotrice dello smantellamento di quella economia di guerra che affama le classi popolari e arricchisce pochi.
C’è bisogno di pace, c’è bisogno di un’economia altra.