Vorrei soffermarmi sul tema della salute e sicurezza; un tema che, come ben sappiamo, va di pari passo con la necessità di contrastare con determinazione tutte le politiche di questi anni che hanno disumanizzato il lavoro. Salari al ribasso, precarietà estrema, organizzazione del lavoro cinica e gestita tramite algoritmi sono i fattori che allontanano sempre più dal raggiungimento di una condizione di minimo benessere personale nei luoghi di lavoro, che per quanto ci riguarda, va sempre e comunque perseguita.
Da 10 anni a questa parte, la fotografia è tristemente la stessa; la media di 3 decessi al giorno (che è sempre opportuno ricordare non sono numeri ma uomini e donne, ognuno con la propria storia), tragedie che tolgono il respiro, come a Brandizzo, migliaia di infortuni (il cui dato parziale del 2023 è di 227.000) molti dei quali provocano danni permanenti, e tutto il tema delle malattie professionali che anche quest’anno superano il numero di 60.000 denunce: numero che non rappresenta la realtà perché dobbiamo essere consapevoli che vi è un sommerso molto più grave, con patologie croniche e danni irreversibili, correlabili alle condizioni di lavoro.
Se ci si sofferma a riflettere sulla tragedia di Brandizzo, evitando di aggiungermi alle tante analisi già espresse da altri, e allontanandomi dai “parolieri da passerella televisiva” di certa politica, va evidenziata la disparità di attenzione delle imprese che ricorrono massicciamente alla tecnologie di ultima generazione per controllare ossessivamente i luoghi di lavoro e le persone (per esempio l’installazione di centinaia di telecamere nei supermercati o l’installazione di app sugli smartphone delle lavoratrici e lavoratori per controllare in tempo reale le attività), mentre lì, su quei binari, erano assenti (così sembra in attesa delle verità giudiziarie) i dispositivi di sicurezza adeguati, né di tipo visivo ne sonoro. Questa non è la nostra visione della rivoluzione 4.0 o della transizione digitale, né dell’introduzione di innovazione tecnologica.
Tornando alla FILCAMS-CGIL, auspico che con la nuova segreteria si faccia un ulteriore passo in avanti nella costituzione di un coordinamento nazionale delle RLS per socializzare i molteplici problemi che viviamo nella quotidianità nei nostri territori da oramai troppo tempo.
C’è bisogno di condividere molti temi importanti su cui lavorare sia a carattere confederale che di categoria.
Bisogna individuare e discutere un piano di intervento sui punti più fragili della dlgs 81/08: nello specifico il comma 2 del titolo 1 °, cioè la definizione di luogo di lavoro dove è consentito o meno il presidio di un RLS. Questo comma, oggi non sufficientemente chiaro, limita i presidi degli RLS a un numero esiguo se non ridicolo, depotenziandoli, e creando molti problemi soprattutto nelle aziende multilocalizzate e negli appalti.
Un altro punto su cui intervenire è l’art. 49 del decreto legge che demanda alla contrattazione collettiva la costituzione dell’RLS di sito: è un articolo di legge oggi difficile da realizzarsi che va reso esigibile e realizzabile.
Va approfondito anche tutto il tema della certificazione UNI ISO, in quanto traducono tutte le norme sovranazionali che attestano la qualità delle aziende. Regole che sono un requisito fondamentale per la partecipazione alle gare di appalto.
Anche il ruolo delle OPP e OPR (organismi paritetici provinciali e regionali) deve essere oggetto di ragionamento perché se sviluppati bene possono svolgere un ruolo importante in termini di prevenzione.
Sappiamo che non partiamo da zero ma da un patrimonio enorme degli RLS che in questi anni hanno dimostrato essere figure fondamentali per la nostra organizzazione. Su di loro bisogna investire maggiormente anche con piani formativi mirati.
Vorrei chiudere il tema di salute e sicurezza con l’immagine di due fotografie: una descrive il mondo dei politici esperti di finanza che ragionano solo in termini di profitto, totalmente incompetenti e incapaci, culturalmente e idealmente, sia sui temi della prevenzione della salute e sicurezza che della sanità. La seconda fotografia è quella di chi la mattina si reca al lavoro, molti di essi in luoghi simili a campi di battaglia, dove il tempo tra una tragedia e l’altra sembra solo una tregua temporale.
Noi non possiamo rimanere in mezzo; dobbiamo essere consapevoli che è nostro dovere fare del nostro meglio, tutti insieme, con la nostra forza e le nostre competenze, per fare la differenza, per ridurre drasticamente se non invertire ciò che contraddistingue questo scenario drammatico e non degno di un paese civile.