Di fronte ai terrificanti reportage che da più di un anno fanno conoscere quale sia l’inaccettabile, mostruosa realtà quotidiana della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, mentre la terza guerra mondiale a pezzi nell’infuocato Medio Oriente si è allargata anche al Libano, allo Yemen, alla Siria e all’Iraq, le voci di pace restano invariabilmente inascoltate dai governanti dell’Occidente.
Eppure le prese di posizione color arcobaleno si stanno moltiplicando. Solo per restare alle ultime in ordine di tempo, nel primo fine settimana di novembre sono scesi in tante piazze italiane gli attivisti e i simpatizzanti di Emergency. Mentre alla Galleria dell’Accademia di Firenze, in uno dei musei più famosi del pianeta, uno striscione con scritto “End now Israeli occupation, apartheid, genocide” ha abbracciato la statua del David di Michelangelo con le bandiere rosso, bianco, verdi e nere della Palestina.
Il flash mob è durato pochi minuti, il museo non ha chiamato le forze dell’ordine e non ha fatto denuncia. Anche perché l’iniziativa di protesta è stata accolta dagli applausi dei visitatori cosmopoliti della Galleria.
Tutto è successo alla vigilia della giornata “Stop genocide day”, promossa in 25 atenei dalla Rete Università e Ricerca per la Palestina, un coordinamento nazionale che si è formato per denunciare la complicità delle istituzioni italiane con il genocidio in corso del popolo palestinese da parte di Israele.
Le richieste e gli obiettivi della mobilitazione sono chiari: “Un immediato e permanente cessate il fuoco, l’interruzione delle forniture di armi a Israele da parte dell’Italia, e la sospensione degli accordi accademici con gli atenei e le aziende israeliane, fino a che non si otterrà la fine del genocidio e del regime di apartheid e occupazione in Cisgiordania”.