Il 4 dicembre della Repubblica - di Riccardo Chiari

Ora la data c’è: il 4 dicembre saremo chiamati a decidere, votando, se preservare la repubblica democratica e parlamentare nata dalla Resistenza, o se trasformarla in qualcosa di molto diverso. Dove l’unica delle certezze possibili, addirittura rivendicata dagli artefici della deforma costituzionale è l’attribuzione al governo di un ruolo che non ha mai avuto dal 1946 ad oggi.

I sostenitori del “Sì”, come la piddina Marina Sereni, sostengono che così avremo meno parlamentari, meno costi per la politica, e un sistema parlamentare più efficiente e più semplice. Premesso che i minori costi sono di circa 50 milioni, mentre alle imprese il governo Renzi ha erogato miliardi (senza risultati), tagliando la sanità pubblica, la scuola pubblica, e i diritti e le tutele del lavoro, basta alzare lo sguardo a quanto accaduto negli ultimi trent’anni per accorgersi di un dato di fatto: difendere la Costituzione e il ruolo del Parlamento non è un riflusso conservatore.

Piuttosto, per citare le parole di Raniero La Valle, “un atto di amore verso la debole libertà civile e sociale che ancora vive in Italia, grazie proprio ad un equilibrio dei poteri che ha, nonostante i tanti attacchi ricevuti nel periodo craxiano, poi berlusconiano e ora renziano, ricevuto. E che sono stati, con fortune alterne, respinti”.

Difendere la Costituzione e il Parlamento, votando il 4 dicembre “No” al referendum, è l’ultima speranza di non consegnare il paese nelle mani di chi vuole ancora più campo libero.

Approfittando in parallelo di una legge elettorale truffa, anche questa pensata e votata dal Pd, che affida il 54% dei seggi a una forza politica che al ballottaggio ottenga la vittoria, dopo aver raggiunto anche soltanto il 25% dei voti al primo turno. Si vergognino.


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