Se il verde è il colore della speranza, hanno ragione i Verdi a dire a Matteo Salvini che non può, non deve utilizzare quel colore per identificare il partito che fu di Umberto Bossi e Roberto Maroni. Meglio, molto meglio parlare di un governo giallobruno, con il giallo riservato naturalmente al M5S. Non passa giorno che gli ex diletti figli del dio Po si facciano riconoscere nel e fuori dal paese, vuoi con la caccia all’immigrato, vuoi con la celebrazione della famiglia medievale. Quella con la cintura di castità per le donne, il predominio totale del maschio, la persecuzione di chiunque apparisse diverso all’ordine (papale) costituito. Non ci resta che piangere, come nel memorabile film con Massimo Troisi e Roberto Benigni, di fronte a quello che i sondaggi incoronano, settimana dopo settimana, primo partito italiano, con oltre il 30% dei consensi.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più amato del reame? Silvio Berlusconi non lo guarda nemmeno più, tira dritto e si appresta alla sua ultima battaglia politica, quella per le europee, nel tentativo di esorcizzare non solo l’età che avanza, ma anche un arcitaliano più arcitaliano di lui. Alcuni fra i suoi consiglieri gli suggeriscono di allearsi, inutile competere con chi è diventato più forte. Le consigliere forziste invece sperano ancora nell’ennesimo ritorno del vecchio re di Arcore. Per certo alle europee Lega e Forza Italia saranno separati, invece alle amministrative correranno insieme. In politica si chiamano geometrie variabili, mentre nella vita di tutti i giorni vale la massima di Giulio Andreotti, il potere logora chi non ce l’ha. Intanto Matteo Renzi, come il canto delle sirene, ribadisce che si vince al centro. Ma il sogno della grande coalizione è diventato un incubo per gran parte degli italiani, che infatti non hanno votato né il Pd nè Forza Italia. L’avreste mai detto? Mentre i 5 stelle dati in caduta libera restano il secondo partito, e non hanno alcuna intenzione di rompere con la Lega. Nemmeno se Salvini indossare la cotta di un re medievale. Il potere logora chi non ce l’ha, appunto.