L’ondata di maltempo che ha portato via i colori dell’estate ha una tinta grigioscura, che ben rispecchia l’attuale composizione della destra italiana. Nella palla di cristallo di Renato Mannheimer, in questo inizio di settembre i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni volano al 17%, raggiungendo un traguardo insperato, mai sfiorato nemmeno ai tempi del triumvirato Berlusconi, Fini, Bossi.
A ben vedere sono voti presi alla Lega di Matteo Salvini, che giorno dopo giorno continua a calare nel gradimento dei cittadini elettori più arditi. Un travaso ben visibile, amplificato dai numerosi passi falsi che il capitano leghista ha inanellato dall’ormai lontano, per lui disastroso, pronunciamento del Papeete (quella richiesta di “pieni poteri”, che ottenne come risultato la sostituzione della Lega al governo in favore di Pd e Leu).
Il negazionismo salviniano, con l’obiezione di coscienza all’uso della mascherina nei mesi della pandemia più acuta, ha fatto scuotere la testa agli italiani, popolo prudente. Così, pur limitandosi al solito compitino di una destra refrattaria a qualsiasi evoluzione europeista - si va dal Conte imbroglione che aveva calcolato 60mila morti per il Covid ma perfidamente taciuto il dato, all’Ue matrigna che non tiene conto delle esigenze patrie, alla ministra Lamorgese che dovrebbe dimettersi per la non gestione degli sbarchi dei migranti - la sorella d’Italia Meloni avanza a braccia tese.
Gli scivoloni quasi quotidiani dei candidati meloniani per le regionali - basta girare sulla rete per imbattersi in camicie nere, busti del duce e simbologia fascista varia - evidentemente non condizionano gli elettori. Eia eia alalà, anzi trallallà visto il livello pecoreccio della assai presunta classe dirigente. Un esempio calzante è quello del possibile presidente regionale marchigiano Acquaroli, che l’autunno scorso ha entusiasticamente partecipato a una serata organizzata per celebrare l’anniversario della marcia su Roma del 1922.
E che pensare del meno famoso Gimmi Cangiano, campano, che sui suoi manifesti elettorali targati Fdi ha scelto il sempiterno slogan “Me ne frego, la più alta espressione di libertà”? Diciamolo, Giorgia Meloni è l’allieva modello del Berlusconi degli anni d’oro, quel Cavaliere in doppiopetto che faceva l’occhiolino ai nostalgici del ventennio togliendo milioni di voti a Gianfranco Fini. I tempi sono cambiati, ma le pulsioni dell’Italia profonda restano, ahi noi, sempre quelle. A prova di coronavirus. Quelli che “quando c’era lui i treni arrivavano in orario” se ne compiacciono, sognando la spallata al governo all’indomani di elezioni regionali e referendum.
I sogni, si sa, son desideri.