I congressi nazionali della CGIL sono via via divenuti, ma forse lo sono sempre stati, un momento di esaltazione della forza dei lavoratori e della organizzazione, della loro identità come soggetto collettivo. Il quadrato rosso trasmette un messaggio identitario di forza e orgoglio. Prima non eravamo pronti a fare queste considerazioni e sottolineavamo altre cose.
Chiusa la fase delle assemblee di base. il rapporto tra i documenti congressuali resta cristallizzato fino alla conclusione del congresso confederale. Nell’ambito delle commissioni sono definiti, in quella elettorale i pesi dei pluralismi e dei territori, e in quella politica le priorità di categorie che vedono convivere al proprio interno settori diversi, professionalità diverse e contratti collettivi differenti (la FILCAMS forse più di molte altre). Ma il Congresso, la sua assise plenaria, i suoi passi perduti e i corridoi, i caffè e le cene conviviali, e le giornate e le serate passate insieme, restano una esperienza indimenticabile e non solo per quelli che sono chiamati a portare la loro testimonianza, la loro opinione dinnanzi a tutta la platea congressuale.
Le star in assoluto del congresso sono state le delegate e i delegati del settore del pulimento, dei call center, delle mense. Protagonisti con i lavoratori della sanità e della grande distribuzione della difesa della salute durante la pandemia, lavoratori che difendono con tenacia diritti conculcati, che chiedono orari e salari dignitosi, che vogliono raggiungere non solo l’età ma anche la contribuzione per avere diritto alla pensione da lavoro.
E’ stato il congresso delle donne perché donne sono la stragrande maggioranza degli iscritti e sempre più nei gruppi dirigenti. Una categoria, dunque, che parla insieme il linguaggio della uguaglianza e della differenza.
Nel congresso di Rimini, a febbraio, le delegate i delegati della FILCAMS-CGIL si sono sentiti più forti, più uniti, più consapevoli.