Alla fine l’uomo del Colle ha preso il telefono e chiamato Roberto Salis. Più o meno gli ha detto così: “Caro dottore, le condizioni carcerarie di sua figlia Ilaria mi indignano, mi occuperò personalmente del caso”. Bum! L’intervento del presidente della Repubblica ha coperto il sempre più imbarazzante silenzio di palazzo Chigi sulla vicenda. Una brutta storia quella di Ilaria Salis, reclusa nelle carceri ungheresi da oltre un anno con l’accusa di aver aggredito due neonazisti a un gazebo, nei giorni in cui migliaia di attivisti di estrema destra da tutta Europa erano nella capitale magiara per festeggiare il cosiddetto ‘giorno dell’onore’.
Né più né meno che la commemorazione di un battaglione nazista che, nel 1945, al termine della Seconda guerra mondiale, tentò di impedire l’entrata in Budapest dell’Armata Rossa. Le presunte vittime si prendono qualche bastonata e avranno ferite guaribili in cinque, otto giorni, le autorità ungheresi arrestano poche ore dopo Salis nonostante tutti gli aggressori avessero il volto coperto. La donna, che di lavoro fa la maestra, si dichiara innocente, non riconoscendosi nel video portato come prova principale dalla pubblica accusa.
Eppure è in carcere, e da allora tutti i tentativi di farle avere quantomeno gli arresti domiciliari sono stati vani. In due parole siamo davanti a un insulto allo stato di diritto, non solo italiano ma europeo. Ma si sa, l’accoppiata Fratelli d’Italia - Lega non ha ben studiato i corsi di diritto alle superiori e all’università, così l’energumeno a torso nudo del Papeete, felice definizione di Giuliano Ferrara, vorrebbe Ilaria Salis bandita da tutte le scuole del Regno, pardon della Repubblica. Mentre Giorgia Meloni, colta da improvvisa afasia verbale, si guarda bene dal telefonare all’amico premier magiaro Orban per dirgli che sta esagerando.
Morale della brutta, drammatica favola, Sergio Mattarella ha scollinato in bello stile, come un ciclista di classe, approfittando dell’occasione per far notare che, fino a quando il popolo italiano non darà il via libera alla più che discutibile riforma che vorrebbe l’inquilino/a di palazzo Chigi eletto direttamente da italiane e italiani, il garante dell’unità del paese e della sua Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza resta lui. Anche perché fra studenti minorenni picchiati, carceri indegne di un paese civile e tanto altro ancora, nel doppiopetto di governo della sorella d’Italia si nasconde, nemmeno troppo metaforicamente, un manganello. Antica, mai sopita passione dei nipotini di Giorgio Almirante.