Chi non fa non falla, dice un vecchio proverbio popolare. E certo, di fronte agli ultimi decreti dell’esecutivo di Giorgia Meloni, da quello improvvidamente chiamato Cutro al pacchetto lavoro annunciato in pompa magna il Primo Maggio, ma di cui conosciamo solo una bozza, viene da pensare che è meglio non lavorare che lavorare male. Lunga è la lista di autentiche cattiverie ai danni dei più poveri, dei più deboli, dei meno tutelati. Non altrimenti si potrebbe definire la cancellazione del reddito di cittadinanza, giudicata senza mezzi termini dal sindacato come una follia. E che dire dell’allargamento delle soglie - da 10 a 15mila euro - delle cosiddette prestazioni di lavoro occasionale, quello che non consente certo di programmarti la vita? Sono i famigerati voucher, con cui il governo vuole pagare gli stagionali impiegati nei parchi di divertimento e negli stabilimenti termali, nei congressi e nelle fiere. Un’altra divisione di quell’esercito di riserva che, solo per fare un esempio, raccoglie nei campi frutta e verdura destinata alle tavole delle brave famiglie italiane. Uomini e donne di cui peraltro c’è gran bisogno, a sentire le associazioni datoriali che lamentano quasi quotidianamente la mancanza di manodopera necessaria per far prosperare le imprese. Salvo poi trattarla come pezze da piedi, con paghe irrisorie per il lavoro svolto, e nessuna garanzia di un’occupazione stabile e dignitosa.
Succede in agricoltura come in edilizia, nei bar e ristoranti come nei grandi centri commerciali, e negli appalti dei servizi, sia pubblici che privati. Cambiano i governi, non cambia la strategia di fondo di risparmiare sul costo del lavoro. Come se la crescita del paese dipendesse dal fare arricchire a qualsiasi costo le imprese, con leggi che incentivano lo sfruttamento e il lavoro precario e sottopagato. Perfino a SkyTg24 si sono fatti qualche domanda e hanno commissionato un sondaggio a Quorum/Youtrend, facendosi rispondere che per il 50% delle italiane e degli italiani il più importante ostacolo all’occupazione sono gli stipendi non all’altezza del lavoro richiesto. Paghe, va da sé, che non consentono una vita indipendente e lasciano al mondo dei sogni quello di farsi una famiglia. Ma sempre allegri bisogna stare, perché il nostro piangere fa male alla regina. Una Giorgia Meloni che, con il suo braccio destro Matteo Salvini, continua a ripetere come un disco rotto che non bisogna disturbare chi produce ricchezza e crea lavoro. Bel lavoro, complimenti. Quanto alla salviniana ‘logica del fare’, di cui l’energumeno a torso nudo del Papeete si fa vanto da un capo all’altro della penisola, sarebbe meglio stendere un velo pietoso, visti gli effetti dell’antropizzazione forzata sull’ambiente e sul clima, ormai in aperta ribellione. Ma questo governo, liberista come quelli precedenti e ancor più di destra di quelli precedenti, appare sordo e cieco di fronte ai bisogni dell’Italia reale. Quella scesa in piazza, ancora una volta il 25 Aprile e il Primo Maggio nel nome della Costituzione repubblicana nata dalla resistenza al nazifascismo.