Alla prossima alluvione - di Riccardo Chiari

Sicuramente la seconda alluvione della Romagna è stata di un’intensità violentissima, visto che in trentasei ore è caduta l’acqua che normalmente viene registrata in tre mesi, provocando l’esondazione di ben dodici fiumi - Savena, Lamone, Sillaro, Senio, Savio, Marecchia, Pisciatello, Marzeno, Ausa, Uso, Montone e Voltre – e il conseguente l’allagamento di circa 40 comuni. Ed è altrettanto certo che appena due settimane prima, all’inizio del mese di maggio, c’era stata un’altra inondazione che aveva interessato circa seimila ettari di territorio, con l’esondazione di Lamone, Senio e Sillaro, che avevano riversato oltre 120 milioni di metri cubi d’acqua nelle pianure circostanti e il primo allagamento di alcune cittadine, Faenza in primis.

Al tempo stesso non si può dimenticare che questa tragedia, 15 le vittime complessive, è avvenuta a pochi mesi di distanza da un analogo caso nelle Marche, dove nel settembre scorso esondò il fiume Misa provocando la morte di 12 persone nella provincia di Ancona, anch’essa allagata. E ancor prima piogge torrenziali avevano devastato Ischia e la Liguria, senza dimenticare le tragedie alpine causate dallo scioglimento di ghiacciai rovinati a valle.

Il problema è, come rileva la responsabile ambiente della Cgil, Simona Fabiani, che la politica nega ostinatamente il legame di causa-effetto fra siccità, fenomeni alluvionali e franosi e cambiamento climatico, e soprattutto nasconde la connessione fra gli episodi meteorologici estremi, sempre più frequenti e devastanti, e le scelte di politica economica, energetica, industriale e agricola, considerato che la causa principale del cambiamento climatico sono le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle fonti fossili.

A questo va aggiunto che la cementificazione e la mancata manutenzione del territorio concorrono ad aggravare ulteriormente queste tragedie. Ad esempio l’Emilia-Romagna è la terza regione più cementificata d’Italia e per incremento del consumo di suolo nel 2021, ultimo dato disponibile. E con il 9% di suolo impermeabilizzato, è al di sopra della già altissima media nazionale. Una situazione patologica, che non ha impedito al governo regionale di approvare una legge urbanistica - contestata da molti addetti ai lavori – che va in direzione opposta.

Insomma, nonostante l’encomiabile lavoro di tanti, basta pensare ai Consorzi di bonifica, a mancare sono le politiche, sempre più urgenti, di giusta transizione ecologica, di decarbonizzazione dell’economia, e di misure strutturali di prevenzione e manutenzione del territorio, con adeguati investimenti. Politiche che non sono certo all’ordine del giorno dell’attuale governo di destra alla guida del paese. Ma che non sono state attuate nemmeno dai governi precedenti, da quelli “tecnici” a quelli di centrosinistra.