Emiliano Brancaccio ha recentemente pubblicato il libro Le condizioni economiche della pace che intende espandere la tesi già proposte nel 2022 nel libro La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista. In questo secondo volume cerca di collegare l’espansione delle guerre allo squilibrio economico americano causato da una perdita di competitività sottovalutata, sin dalla crisi del 2007-2008, dalle amministrazioni statunitensi nell’illusione di poter governare la globalizzazione.
Il risultato è stato creare un’economia che importa molto ed esporta poco con la conseguenza di accumulare debito nei confronti del suo principale creditore, ovvero la Cina. Il meccanismo è stato chiamato centralizzazione speculativa coloniale e prevede che i cinesi continuino a comprare obbligazioni americane a basso rendimento mentre gli USA dirigono i loro investimenti sulle redditizie imprese cinesi. Questo ha permesso allo squilibrio sino-americano di durare più del dovuto permettendo agli americani di preservare la loro egemonia mondiale espandendo contemporaneamente debito e milizie all’estero. Con la Grande Recessione questo sistema entra in crisi creando molte difficoltà nel finanziamento del debito americano.
Inoltre emerge il timore su un cambiamento di linea dei cinesi, i quali potrebbero passare dall’acquisto delle obbligazioni americane all’esportazione di capitali orientata all’acquisizione diretta delle imprese americane. Da qui l’emergere del protezionismo americano, iniziato con l’Amministrazione Obama, e la ritorsione del blocco cinese che Brancaccio ha chiamato nel precedente volume blocco dei creditori in contrapposizione a quello dei debitori che fa capo agli USA. La Cina, la Russia e i loro alleati non sono disposti ad accettare questo stravolgimento unilaterale delle regole del gioco fissate dallo stesso Occidente e forzano, tramite la guerra, la tenuta dell’egemonia americana sul mondo. Questa è la chiave di lettura per comprendere l’invasione russa dell’Ucraina ma anche quello che sta succedendo a Gaza.
Infatti Brancaccio sostiene che con il ritorno del protezionismo emerge il cosiddetto friendshoring, un accorciamento delle catene del valore orientato a fare affari solo con i paesi amici mentre bisogna tenere alla larga i paesi nemici. In Medio Oriente il blocco americano, bisognoso di materie prime e risorse energetiche, ha provato ad integrare nel suo campo i paesi arabi produttori di gas e petrolio tramite gli Accordi di Abramo che cercarono di mettere in secondo piano la risoluzione della Questione Palestinese in cambio della normalizzazione dei loro rapporti con Israele. Il risultato è stato un aumento delle tensioni nell’area. Tutto ciò è spiegabile tramite la marxiana legge della centralizzazione del capitale sviluppata come legge generale del movimento della società nel Capitale. “La centralizzazione capitalistica si può descrivere così: la feroce competizione tra capitali genera continuamente vincitori e vinti, con questi ultimi che a lungo andare vanno in bancarotta e vengono liquidati oppure assorbiti dai primi, a colpi di fusioni e acquisizioni. Pertanto, il controllo del capitale tende a concentrarsi sempre di più nelle mani dei pochi vincitori della guerra di mercato. È questa la centralizzazione, tendenza generale nel meccanismo di sviluppo e di crisi del regime di accumulazione capitalistica”[1]. Con il riaffacciarsi della guerra siamo entrati nella fase della centralizzazione imperialista del capitale che porta alla trasformazione della disputa economica in disputa militare.
La soluzione proposta da Brancaccio è la ricerca delle condizioni economiche per la pace con un’attenta valutazione sulla loro applicabilità nelle condizioni date dal nuovo regime di centralizzazione. Per l’autore occorre costruire un nuovo ordine cooperativo internazionale, ispirato al progetto di Keynes del 1943 poi tradottosi negli accordi al ribasso di Bretton Woods, per regolare politicamente i grandi squilibri economici maturati in questa fase del capitalismo con l’intento di colpire le cause della guerra, cioè le forze della centralizzazione.
Senza un simile accordo, che per via dell’utilizzo della pianificazione negli scambi economici internazionali avrà dei tratti anticapitalistici sostiene Brancaccio, si potranno firmare solo delle tregue che rischiano di non impedire lo scoppio di un nuovo grande conflitto mondiale.
[1] Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti, Stefano Lucarelli, La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista. Mimesis, Milano 2022, le citazioni legate al libro sono prese da un ebook e pertanto non sono disponibili le pagine.