Il governo Meloni è cieco e sordo di fronte a vecchie e nuove povertà. Non certo muto, viste le continue esternazioni della presidente del Consiglio e dei suoi ministri su ogni argomento possibile e immaginabile, per prima la guerra che va portata avanti fino alla vittoria finale contro il mostro russo, ancora sovietico nei pensieri neanche troppo nascosti della sorella d’Italia e dei suoi arditi. Quando però si parla di reddito di cittadinanza e di salario minimo, le voci stentoree dei palazzi del potere - quelle modello Eiar - diventano confusi balbettii, specialmente in tema di salario minimo.
Sul reddito di cittadinanza il colpo di scure era già arrivato mesi fa, tanto per far vedere chi comanda ora. Basta con i giovani fannulloni sul divano, questa la vulgata. Invece sono famiglia disagiate, specialmente nel Meridione, quasi sempre con figli a carico e con la speranza di un lavoro che da quelle parti resta una chimera. Inutile cercare di fare un ragionamento più pacato, facendo presente che gli altri grandi paesi dell’Europa occidentale prevedono misure analoghe, nel tentativo di tenere un minimo di coesione sociale in un’epoca folle, dominata da un capitale sempre più rapace che non ha esitazioni a speculare sui cosiddetti ‘mercati’. Ma, a riprova, la fotografia del paese reale ha visto e continua a vedere un post pandemia caratterizzato da rincari su rincari: dalle bollette al carrello della spesa, dalla benzina ai mutui immobiliari. Chi riusciva a galleggiare ora è sott’acqua, ma niente di tutto questo è rintracciabile sui media radio-televisivi e su gran parte di quelli cartacei. Tutto va bene, madama la presidente. E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al governo. Quando però si va a discutere del salario minimo, anch’esso adottato nei paesi dell’Occidente, a partire dagli Stati Uniti, l’esecutivo Meloni si rende conto di non poter ricorrere alle abituali risposte tranchant. Allora si butta la palla in tribuna, e in un Parlamento che la seconda carica dello Stato vuole chiudere per cinque intere settimane, si rinvia la discussione a settembre. Tanto, d’agosto, i signori vanno al mare. E i poveri? Lasciamoli poveri, ché c’è bisogno di braccia per l’agricoltura.