La sicurezza negli appalti scolastici - di Alessandro Salvati

“Tirare la coperta dalla nostra parte, la nostra battaglia quotidiana”

Le notizie degli ultimi giorni riportano in maniera violenta il tema della sicurezza sul lavoro. Con una media di 80 morti al mese, la strage di lavoratori continua anno dopo anno e porta tutti noi ad una doverosa riflessione su come contribuire per porre rimedio a questa situazione.

A Milano, con le delegate Filcams degli appalti scolastici abbiamo lanciato una campagna sulla salute e sicurezza, cercando di andare oltre una visione strettamente legata alle competenze degli Rls, allargando il nostro perimetro di azione classico e unendo l’attività sindacale e sulla salute e sicurezza ai temi di natura politica del territorio e ambientale.

Perchè verificare il Dvr, vigilare sui Dpi e sulle norme di sicurezza è doveroso ma non sufficiente; il tema della salute sui luoghi di lavoro non può essere un tema ristretto ma deve essere accompagnato da una visione e obiettivi di natura politica e sindacale in cui il rispetto del decreto 81, e l’azione degli Rls, sono strumento di un’azione più articolata.

Ci siamo mossi su due direttrici. La prima: il “Luogo” di lavoro, ed in questo caso parliamo di edifici scolastici, che secondo uno studio della Fondazione Agnelli hanno un’età media di 52 anni. La Fondazione stima che per ammodernare questi edifici e portarli al passo con i tempi servirebbero circa 200 miliardi di euro. Tanti, ma non troppi se pensiamo che l’Italia ne usa circa 27 (spesa in aumento) ogni anno in spese militari.

Per prima cosa abbiamo fatto la mappatura degli edifici riscontrando diversi problemi: l’infestazione di topi, problemi agli impianti idrici, materiale di servizio inutilizzabile o danneggiato, montacarichi rotti e mai sistemati e tutta una serie di questioni conseguenti alla mancanza di manutenzione ordinaria. Qui abbiamo il primo tema collegato alla politica sindacale. Chi deve intervenire quando viene segnalato un problema di struttura? Dipende, perchè la gamma delle responsabilità è talmente articolata e legata agli appalti e subappalti che anche cambiare una lavastoviglie può rappresentare un problema economico... Spesso il problema viene rimbalzato tra le tre parti e risolto con tempi lunghi.

A questo si collega il tema ambientale. Gli edifici scolastici, per lo più costruiti in cemento armato, sono brutti da vedere e poco efficienti dal punto di vista energetico. Gelide in inverno e bollenti in estate, sono scuole costruite con spazi ideati per ospitare una popolazione in crescita, badando più alla quantità che alla qualità. Oggi che la natalità è in diminuzione servirebbe più guardare alla qualità; il luogo stesso dell’istruzione dovrebbe essere istruttivo. Ed è uguale per gli spazi adibiti ai lavoratori in appalto. Modernizzare l’edificio vuol dire anche ragionare su spazi più adeguati, eliminare barriere architettoniche, ottimizzare le distanze ed i volumi, sia per una didattica più moderna sia per lavorare in modo più ergonomico.

La seconda direttrice è quella che lega i carichi di lavoro alla “produttività” dell’appalto. La coperta è corta, le aziende fanno grandi promesse in fase di gara ma poi l’unico modo per fare profitti è rosicchiare le ore di lavoro, rendendo i carichi di lavoro eccessivi, il ritmo pressante con uso abbondante di ricatti, lettere di contestazione e pressioni psicologiche che creano vere crisi d’ansia alle lavoratrici. Parliamo di un appalto che impiega 2000 lavoratori, che nella gestione aziendale sono solo numeri e schemi: gestione che non tiene conto della tipologia di scuola e delle difficoltà strutturali, ignorando l’individuo e le sue caratteristiche umane. Tutto è standardizzato, finalizzato al massimo profitto. Tirare la coperta dalla nostra parte è la nostra battaglia quotidiana. I risultati ci sono: negli ultimi due anni abbiamo consolidato più di 1500 ore a settimana di lavoro nei contratti part-time a centinaia di lavoratrici, migliorandone la condizione lavorativa e il reddito. Questa pressione, sommata all’età media dell’appalto che si alza, porta ad un elevatissimo numero di lavoratrici con limitazioni e problemi fisici. Il tunnel carpale è una patologia diffusa, problemi di varia natura alle mani, (normale quando si deve lavare i piatti con l’acqua fredda perchè lo scaldabagno è rotto da settimane) e infortuni quali cadute dovute alla fretta sono frequenti. L’aspetto psicologico, poi, non è assolutamente da sottovalutare, in una società dove ancora si fatica a riconoscere le patologie psichiche quali vere e proprie malattie da cui ci si può curare.

Ora il progetto dovrà entrare nella nuova fase, quella del confronto con l’amministrazione in merito alle scuole di sua competenza e la nostra richiesta sarà di avere attenzione e risorse al tema degli edifici scolastici guardando alla sicurezza, alla modernità, e anche nell’ottica di fornire un luogo sicuro, vivibile e di qualità per gli studenti e per i lavoratori. Chiederemo anche che le risorse escano dal centro storico, per andare verso le periferie. La città metropolitana di Milano conta circa 3,2 milioni di abitanti, e la stragrande maggioranza vive in periferia o nell’Hinterland ed è lì che vanno fatti gli investimenti sul futuro, in quartieri sempre più simili alle banlieu parigine, che sembrano del tutto invisibili a questa amministrazione, con il rischio che il tema venga poi strumentalizzato dalla destra più becera.

Chiederemo infine una profonda riflessione sul tema degli appalti, in special modo quelli gestiti dalle municipalizzate, perché è il momento di fermarsi e ragionare su cosa ha funzionato ma soprattutto su cosa davvero non funziona più negli appalti pubblici scolastici.


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