Il contratto del terziario e le grandi incognite del settore “quaternario” - di Marco Ercoli

Siamo agli albori di una nuova rivoluzione industriale e tecnologica che nel triennio a venire mostrerà alcune innovazioni di rilievo nel mondo del lavoro, in particolare proprio nel settore del commercio, dei servizi e specialmente del terziario avanzato. Siamo passati dal secolo del petrolio e dell’atomica al secolo dei dati e delle informazioni ed in questa transizione si è generata una nuova immensa ricchezza personale che ha portato rapidamente in pochi anni alla vetta mondiale dei ricchissimi alcuni imprenditori di questa new economy: Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg solo per fare degli esempi.

Il terziario avanzato, ormai definito spesso come “quaternario”, è l’insieme delle attività economiche nei settori delle nuove tecnologie dell’informazione. Appartengono al terziario avanzato le aziende di telecomunicazioni, le aziende informatiche, le aziende new media e i servizi di consulenza e di elaborazione delle informazioni.

L’avvento di processi produttivi e di procedure sempre più automatizzate, con ritmi spesso H24, 7 gg su 7, 365 giorni l’anno, affidati ad algoritmi (elenchi d’istruzioni dettagliate, elaborate per svolgere una determinata attività o risolvere un problema specifico), all’intelligenza artificiale e agli automi, rischiano di produrre l’espulsione dal mondo del lavoro di quantità sempre maggiori di lavoratori molto spesso non ricollocabili, con la conseguenza di creare un problema sociale di grandi dimensioni.

Facciamo alcuni esempi: call center dove al posto di un operatore umano c’è una voce sintetica, che chiama liste di numeri telefonici per ossessive campagne di marketing, oppure riceve chiamate che filtrano in automatico le richieste degli utenti, rendendo difficile l’interlocuzione con l’operatore umano. Grandissimi operatori di e-commerce (Amazon, Alibaba, ecc.) che applicano il just-in-time con degli algoritmi applicati alla produttività dei magazzinieri che rendono loro la vita lavorativa molto stressante e sottoposta a ritmi insostenibili sul lungo periodo.

Fabbriche dove l’operaio in catena di montaggio nel tempo è stato sostituito da macchine robotizzate, che svolgono le stesse attività, senza interruzioni e con tassi di errore quasi inesistenti. Addirittura nelle guerre moderne i droni hanno già sostituito gli attacchi dei piloti con quantità maggiori di azioni belliche e costi notevolmente ridotti. Probabilmente l’uso di androidi al posto dei soldati è imminente.

Siamo già di fatto nella “Gig Economy”: con questo termine si intendono quei modelli di business che utilizzano lavoratori “a chiamata”, organizzandoli tramite app o altri strumenti digitali, dove ad esempio gli autisti di Uber o i fattorini di Deliveroo sono sottoposti alle regole di algoritmi che impongono risultati di produttività sempre più esasperati per poter raggiungere gli obiettivi che permettono loro di percepire un reddito sufficiente. Nel futuro prossimo ci saranno addirittura gli automezzi “driverless” (senza pilota) che sostituiranno il lavoro degli autisti e dei rider.

Gli algoritmi gestiscono, spesso in autonomia, l’andamento delle Borse mondiali e arbitrariamente decidono se vendere o acquistare grandi volumi di titoli. Gestiscono anche i rating delle aziende e dei privati per minimizzare i rischi di esposizione dei prestiti. Quindi anche professioni ad alto tasso di scolarizzazione, agenti di borsa e addetti bancari, vengono progressivamente sostituiti dai programmi di potenti elaboratori elettronici.

È vero che sono nati molti nuovi lavori nell’ambito del web, dei social, delle tecnologie avanzate ma lo squilibrio è notevole e con la velocità dei cambiamenti si hanno sempre più lavoratori la cui professionalità è considerata obsoleta.
Si sono sviluppate anche delle nuove “professionalità”, gli influencer, che non generano altro che “consigli” a milioni di follower.

Analizzando le novità del CCNL rinnovato in queste settimane se ne trova una di grande rilievo: il raggruppamento di tutte le professioni del mondo IT suddivise per livello contrattuale. Alcune figure professionali sono state classificate con livelli più bassi rispetto al passato ma questo fatto è la conseguenza ad un adeguamento alle categorie europee. In ogni caso è una scelta contrattuale i cui effetti dovremo valutare con il tempo. Non dimentichiamo che spesso nelle aziende dell’informatica e della “Gig Economy” convivono diversi contratti nazionali che rischiano di entrare in conflitto concorrenziale fra di loro e la classificazione rappresenta uno dei punti più delicati nel rapporto fra questi contratti.

Un altro punto saliente è l’attenzione che è stata posta nella non assorbibilità degli aumenti contrattati, salvo delle eccezioni ben definite. In passato per valorizzare economicamente le figure professionali dell’IT nella lettera di assunzione veniva introdotto un importo di “superminimo”, di entità commisurata al valore professionale del dipendente, e si sommava alla paga base; spesso veniva indicata la clausola che sarebbe stato riassorbibile dai futuri aumenti contrattuali, come se il valore del lavoratore diminuisse nel tempo. Il fatto di aver inserito una norma che limita questa opportunità da parte delle imprese è di grande importanza perché riconsegna al contratto nazionale quell’autorità salariale che nel settore del terziario avanzato (o quaternario, abituiamoci a questa brutta parola) sembrava oramai persa definitivamente.

Una nuova sfida che il lockdown ha posto ad aziende e lavoratori è stata la diffusione massiva dello smart working, particolarmente per i lavoratori del terziario avanzato. Oggi ormai il luogo di lavoro tradizionale viene frequentato saltuariamente dai lavoratori e le aziende, dopo aver verificato il mantenimento della produttività immutato, hanno scaricato molti costi (elettricità, connessione, microclima, ecc.) sui lavoratori che hanno in parte ammortizzato con le minori spese per i trasporti. Una conseguenza di questo nuovo modo di produrre così parcellizzato, di cui solo nel medio periodo si vedranno le conseguenze, è la mancanza di socialità nei luoghi di lavoro dove di solito avveniva lo scambio di informazioni ed il sindacalista poteva comunicare con i lavoratori e percepirne le difficoltà.

In conclusione, per il mondo del lavoro nel suo complesso si prospettano grandi incognite, in particolare proprio nel terziario avanzato, e servirà un sindacato sempre più attrezzato culturalmente ad affrontare queste nuove sfide per la difesa del lavoro e dei lavoratori: un primo obiettivo dovrà essere quello della difesa del contratto nazionale (come fatto in questa occasione sul piano salariale) limitando al massimo la gara delle imprese a scegliersi il contratto più vantaggioso per i loro interessi. Mai come oggi la regia confederale su questo settore sarebbe indispensabile per non naufragare in sterili tentazioni corporative a cui assistiamo.


Email