Intervista ad Andrea Montagni, presidente del comitato direttivo Filcams e coordinatore di LS in categoria
Impossibile non parlare di Filcams con Montagni. Come si presenta la categoria al congresso di maggio?
Rispetto all’anno precedente, quando il tesseramento si è chiuso con oltre 430mila iscritti, siamo aumentati ancora, anche se ad oggi mancano i dati definitivi. Nel corso degli anni, la Filcams è diventata la più numerosa delle categorie dei lavoratori attivi della Cgil, superando Fiom e Funzione pubblica. La crescita organizzativa della Filcams dimostra che la Cgil lavora. Ma è anche il risultato della stessa crisi. Tantissimi lavoratori entrano in contatto con il sindacato perché vedono messo a repentaglio, o peggio ancora perdono, il posto di lavoro. La Filcams non è soltanto un sindacato di lavori attivi, ma anche di disoccupati. Come tutte le altre categorie deve contrastare un attacco frontale sul terreno dei diritti. La stampa lo rimuove, ma anche nel settore del commercio c’è stato un contratto separato. La sentenza della Corte costituzionale, che ha riconosciuto fra l’altro i diritti della Fiom nel gruppo Fiat, nasceva anche dai ricorsi della Filcams-Cgil contro la sua esclusione da alcune aziende del commercio. La Filcams è un sindacato in prima linea. Il congresso unitario per la categoria è una grande occasione.
In questi ultimi anni la Filcams è diventata una delle categorie più rappresentative della Cgil, non solo per numero di iscritti.
La Filcams può essere considerata cartina di tornasole per capire quello che serve alla Cgil. Ricordo una canzone di quando ero ragazzo, che racconta la storia di due sorelle, ‘utopia’ e ‘verità assoluta’. Utopia vede il futuro nel presente e vive in grande libertà, cambia fidanzato tutte le sere. Verità assoluta vede le cose come stanno realmente, e alla fine si fa incastrare in un matrimonio di comodo, senza amore e senza rispetto. La Filcams è impegnata da anni in una campagna sulle domeniche e sulle festività, che dal punto di vista pratico è una battaglia persa. Dopo la lenzuolata di liberalizzazioni di Bersani e la sconfitta dei ricorsi delle Regioni contro la legiferazione nazionale, a rimanere aperti sono tantissimi negozi della grande distribuzione, con conseguenze devastanti per i piccoli punti vendita e per gli addetti del settore. Ma questa battaglia che la Filcams rinnova tutti gli anni e che vede scioperi ora in quel territorio ora in quell’altro, è il segnale che la partita non è chiusa. E che bisogna – questo è lo sforzo che deve fare il sindacato – non teorizzare il presente, ma sapere quale è, affrontarlo, avendo una prospettiva, una meta da raggiungere. Cioè, per tornare alla metafora, verità e utopia non sono due sorelle ma due facce della stessa medaglia. E’ l’utopia che permette di cogliere la verità nelle cose e di trovare le soluzioni. Quindi la Filcams – che è un sindacato realista, con i piedi per terra che pratica il compromesso, che reagisce in modo non declamatorio alla sua espulsione dai tavoli contrattuali – è un esempio di buona pratica sindacale.
Se Atene piange, Sparta non ride. Per chi lavora nel settore del commercio e dei servizi la crisi ha avuto effetti pesantissimi. Licenziamenti, cassa integrazione, riduzione di salario, aumento della flessibilità. Non deve essere facile fare sindacato in una realtà del genere.
Sì, è difficile. Perché l’attività principale è diventata la riduzione del danno, cercando di arginare l’arretramento delle condizioni di lavoro e salariali, mettendo al primo posto l’occupazione senza rinunciare ai diritti. E questo è vero nel turismo, nel commercio, nei multi servizi, ovunque opera la Filcams. La vita di un’organizzazione è fatta di idee e di uomini e donne che quelle idee portano avanti trasformandole in pratica sociale. La Cgil sul piano formale è un’organizzazione assolutamente democratica. Il potere è nelle mani degli iscritti, che lo esercitano con il voto congressuale. La rappresentanza è basata sul proporzionale puro e sul voto di preferenza. Ma ovviamente anche in Cgil contano i meccanismi tipici di tutte le organizzazioni complesse. Si formano gruppi di potere, coalizioni di interessi, ecc.. La Cgil adotta come correttivo il pluralismo interno, che è figlio della tradizione democratica della sinistra italiana. Le nuove leve del sindacato non conoscono questa tradizione e talvolta la vivono con sofferenza, perché sono abituate alla semplificazione della politica. Questo è un virus pericoloso. Per dirla in una battuta, i ‘Renzi’ non sono un fenomeno isolato ma un prodotto della crisi della rappresentanza democratica. Nella Filcams, che è un sindacato di giovani, alle volte si avverte la mancanza di una cultura della complessità.