Ogni lavoratore che muore? Sconfitta del lavoro e “vittoria” del profitto - di Massimo Cuomo

Il 28 aprile si è celebrata la giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro: una giornata importante di riflessione finalizzata a prevenire e contrastare l’insorgenza di malattie professionali e infortuni nei luoghi di lavoro. Purtroppo, però, da diversi anni, è divenuta una giornata che “arricchisce” gli annali sulle statistiche degli infortuni; numeri che rappresentano persone che si recano a lavoro e non rientrano più a casa.

Proprio in questa giornata, a Pioltello, vicino a Milano, nel polo logistico che serve la catena di supermercati Esselunga è avvenuto un incidente mortale: un autista è stato schiacciato dal proprio camion. Il lavoratore era impiegato presso da Italtrans, una società che ha in appalto alcuni servizi logistici utilizzati dalla catena di supermercati. La dinamica dell’incidente è simile a molti altri: un possibile errore nella gestione dei sistemi di sicurezza. In questo caso sembra non fossero stati posizionati i dispositivi di blocco del veicolo; il mezzo, mossosi improvvisamente, ha investito l’autista che ne è rimasto schiacciato.

Nell’occasione, insieme a FISASCAT-CISL e UILTUCS di Milano, con un comunicato abbiamo espresso la nostra vicinanza e cordoglio alla famiglia del lavoratore. Contestualmente, abbiamo chiesto un incontro urgente alla direzione di Esselunga per comprendere l’accaduto: sarà importante capire come opera il Gruppo Italtrans e con quali regole di ingaggio. 

L’accaduto è al vaglio delle autorità e quindi non possiamo fornire alcuna particolareggiata ricostruzione dell’incidente. Ma una cosa la vogliamo dire: la dinamica dell’incidente non potrà mai spiegare le cause profonde di questi fatti, spesso mortali (con una media di almeno tre al giorno) o invalidanti (con una media di migliaia all’anno).

Siamo di fronte all’ennesima morte, con l’ennesima sconfitta della politica, troppo spesso persa nelle dichiarazioni di facciata e ben lontana dal perseguire con coerenza gli impegni a cui è chiamata.

Infatti, in questi anni non possiamo non registrare politiche che arretrano le condizioni di lavoro proiettate alla massimizzazione “spregiudicata” della produttività, con la frammentazione dei cicli produttivi e i mancati controlli sui processi organizzativi. Tra le principali ragioni degli infortuni sul lavoro, la pressione sui lavoratori, determinata dall’obbligo di lavorare correndo (per riuscire ad ottenere un reddito accettabile), dalla paura di essere sanzionati in caso di errori nonché dallo spettro della perdita del posto di lavoro a seguito della rimozione dell’articolo 18. Molti di questi incidenti sono quindi riconducibili ad una “ideologia” che spaccia come progresso finalizzato alla creazione di lavoro e ricchezza la deregulation delle normative, tra cui la riduzione dei vincoli per la concessione delle forniture dei servizi in appalto.

Lo diciamo da tempo: le continue modifiche al codice degli appalti da parte dei governi, oltre ad impoverire i lavoratori, spesso sfruttati e oppressi da ritmi insostenibili, rappresentano le premesse per gli infortuni sul lavoro.

La cultura della sicurezza e la reale prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali potrà iniziare soltanto con l’eliminazione di ogni forma di sfruttamento del lavoro, a cominciare da quello degli appalti. Perché fino a che vigerà il concetto del massimo profitto con il minimo costo - e un operaio sarà pagato sulla base del numero delle consegne giornaliere, sul numero dei mobili montati, sul carico e scarico merci effettuato in una giornata, sul numero di treni da pulire in una notte, o ancora sul numero di camere degli alberghi da riordinare in un pomeriggio - la possibilità che si verifichi un incidente o una malattia professionale, con seri danni all’apparato muscolo-scheletrico, rimarrà alta. E la domanda non sarà “se”, ma “quando” accadrà ancora.

Sarà dunque fondamentale insistere con questi temi nei vari confronti con gli Osservatori per la Prevenzione degli infortuni, creati appositamente con le istituzioni, al fine di evitare che, passata l’emozione per l’ennesimo incidente, si torni a correre come sempre alla ricerca disperata del profitto.

Non ci resta che ricordare che il lavoro non deve essere concepito soltanto come indicatore quantitativo. Importanti non sono solo le statistiche: è la qualità del lavoro che dobbiamo porre al centro del dibattito politico e sindacale. Altrimenti saremo costretti a continuare a contare gli incidenti e a piangere persone che lasciano le proprie famiglie, perdendo il bene prezioso della vita per potersi assicurare un reddito dignitoso.


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