Il coordinamento si è svolto in modalità videoconferenza con la presenza di 40 tra delegati e strutture: Lombardia, Toscana, Umbria, Veneto, Puglia, Sardegna, Lazio le regioni presenti.
Gli interventi sono stati 15 e la riunione si è conclusa alle 13:00, dopo circa due ore e mezza di discussione.
Dopo la relazione del coordinatore nazionale (che riportiamo alle pagine 3, 4 e 5) gli interventi hanno affrontato diverse questioni: la guerra, la contrattazione nazionale nei nostri settori, la mobilitazione e il rapporto tra le politiche confederali e di categoria. E ancora: la presenza dei delegati giovani nella nostra organizzazione e delle difficoltà di approcciarsi loro e creare una vera relazione; la politica, con la diserzione dalle urne e la disaffezione crescente; il rapporto tra i delegati e le strutture sindacali.
Tutti gli interventi hanno raccontato del bisogno di fare politica, di dare maggiori strumenti ai delegati e di farli sentire forti: è indispensabile fare un grande lavoro per poter far crescere consapevolezza politica. Troppi anni di immobilismo e adesso dobbiamo recuperare una situazione compromessa. Anche nel rapporto con la politica si paga lo scotto della crisi dei partiti di sinistra.
Alcune compagne e compagni hanno raccontato di come manchi la spinta all’azione da parte dell’organizzazione sulla contrattazione: emblematica l’esperienza del contratto del commercio con una discussione contrattuale arenata e nessuna iniziativa messa in atto per creare partecipazione e lotta.
Tema centrale della discussione è stata la confederalità: in questo momento politico e contrattuale, per il mondo del lavoro nel suo complesso, non si può ragionare per categorie. Nessuno si può salvare da solo e nessuno può rinchiudersi nel proprio recinto categoriale. Dobbiamo ragionare come lavoratori, non più solo come lavoratori del commercio o del turismo: perché se i contratti sono diversi, le norme, le difficoltà salariali, le debolezze contrattuali sono le medesime; perché tante lavoratrici e lavoratori lavorano applicando più contratti contemporaneamente (lavoratrici e lavoratori part time con più contratti); perché molte attività lavorative possono cadere sotto diversi ambiti produttivi.
Insomma, se i confini contrattuali sono uno strumento utile a dare regole coerenti con i diversi ambiti lavorativi, questi non possono diventare steccati invalicabili che alimentano corporativismo e separazione. Per questo è stato ribadito con forza che bisogna mantenere le politiche della categoria ancorate alle politiche confederali.
Nel corso del dibattito - ribadito poi con vivacità da Giacinto Botti nelle conclusioni - è stato rivendicato il valore del pluralismo nella nostra organizzazione. Un valore che non deve essere sottoposto alla semplice verifica percentuale. La CGIL non può permettersi di disperdere il valore del pluralismo, inteso come discussione, articolazione di pensiero, capacità di raccogliere il contributo di ogni idea e l’impegno a dargli dignità organizzativa, con la costruzione degli organismi dirigenti tenendo presente anche questo criterio.
La riunione è stata chiusa, come si accennava prima, da Giacinto Botti, referente nazionale, che ha ripreso diversi temi, a cominciare dalla valorizzazione delle delegate e dei delegati. Nelle conclusioni ha anche ribadito la preoccupazione per la FILCAMS-Cgil, che in questo momento potrebbe cedere alla tentazione corporativa.